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Taghreed e il sogno di libertà. Una Giornalista di Gaza testimonia il disagio di viverci

di Cinzia Santoro

Gaza City, due milioni di prigionieri a cielo aperto. Una striscia di terra affacciata sul Mar Mediterraneo e un’umanità dolente. Rabbia e impotenza negli occhi e nei cuori di uomini, donne e bambini il cui destino è segnato dal dopoguerra. Uno sterminio crudele perpetrato dallo Stato di Israele con il beneplacito del resto delle nazioni. La quotidianità a Gaza è lotta, senz’acqua, con poche ore di luce al giorno, con la mancanza di lavoro, con il mercato nero, senza medicine e sopratutto con l’occupazione sionista da più di 70 anni. Code per uscire e per entrare a Gaza, permessi, visti e raccomandazioni alimentano la corruzione. Serve denaro, tanto. Serve coraggio, di più.

Taghreed Atallah

Sono Taghreed  ho 37 anni e sono nata, vivo e lavoro a Gaza.
Inizia così l’intervista alla giornalista e reporter palestinese Taghreed Atallah.

Taghreed cosa significa per una giovane donna vivere nella Striscia di Gaza?

Gaza è una grande progione, penso più di una prigione, forse come l’inferno, in particolare per le donne che vivono a Gaza come me.

Hai mai vissuto fuori la Striscia di Gaza?

No non sono mai uscita dalla Striscia.
Io vorrei viaggiare ma non ho abbastanza risorse per uscire fuori dai confini di Gaza. Tutti i miei amici vivono lontano dalla Palestina e io qui sono estremamente sola. Sono molto triste per questo.

Lavori?

Si,  sono una giornalista e una reporter.  Amo il mio lavoro perché mi permette di essere tra la gente e in  particolare gli anziani.
I miei giorni sono lavoro, lavoro,lavoro e non ho niente altro.

Taghreed Atallah

Sei credente? Quanto la religione incide sulle tue scelte di vita?

No non credo in Dio, sono senza religione.
E il mio non credere influisce nei rapporti con la mia famiglia che è molto religiosa. Sono sunniti e seguono Hamas. Io invece sono liberale e democratica.
Sai che significa per una persona che non crede in Dio? È molto difficile mia cara.
Ci sono duri  conflitti tra me e la mia famiglia perché io non credo a Dio e loro non lo accettano.

Cosa desideri per il tuo futuro? E per la tua famiglia?

Io spero di incontrare una persona con cui condividere i miei interessi. Qualcuno che mi stia accanto a prescindere dalla religione. Qualcuno che come me creda  nell’umanità.
Per la mia famiglia ho un unico desiderio: far conoscere ai bambini cosa significa la libertà.
Ho una sola speranza:
spero di poter lasciare Gaza e portare con  me la mia famiglia.

16 dicembre 2019

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