Un Nemico Che Ti Vuole Bene: film svizzero-italiano in “salsa pugliese Cinema Cultura 13 Ottobre 2018 di Romolo Ricapito Un Nemico che ti vuole bene diretto dall’italo-svizzero Denis Rabaglia, tratto da un testo dello svizzero Friedrich Durenmatt, propone Diego Abatantuono (che ha partecipato alla sceneggiatura) negli inediti panni di un astrofisico dalla famiglia “allargata” che è costretto a confrontarsi con Salvatore, interpretato da Antonio Folletto, un giovane che “lavora” come killer prezzolato, da lui salvato e raccolto all’interno di un bosco, dopo che è stato sparato da ignoti. Il confronto con “l’altro” non è una novità al cinema e in letteratura e neppure il fatto che lo sconosciuto penetri nella famiglia del professore Enzo Stefanelli (Diego Abatantuono) conquistandone i favori. Citiamo a tale proposito il famoso “Teorema” di P..P. Pasolini. La novità sta nell’unire elementi contrari, contraddittori e classici con l’attualità, tentando di riportare il cinema di genere (la commedia noir, o il thriller) in auge. Sandra Milo Roberto Ciufoli La pellicola ricorda alcune opere anni Settanta e il ruolo inedito di Abatantuno, permeato di ironia ma non comico è un valore aggiunto. Ma è da ammirare anche l’intero cast. Primeggia il bravo coprotagonista Antonio Folletto al quale si è offerto giustamente spazio e rilevanza, in un tentativo di svecchiare i soliti cast, dando importanza a un giovane di talento. Diplomato all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico, Folletto è attualmente sugli schermi di Rai Uno con la fiction I Bastardi di Pizzofalcone. Veniamo al film: riuscite sono le atmosfere dalle venature noir e una suspense che si stempera in un ritratto familiare non proprio edificante. Il nucleo è dominato dalla matrona Antonietta (Sandra Milo) madre di Enzo-Abatantuono. Completa il tutto Angela (Gisella Donadoni) moglie attraente ma un po’ distratta, due figli adolescenti e il fratello del protagonista , Don Gregorio (Roberto Ciufoli). Sono presenti in altri ruoli e partecipazioni Massimo Ghini, Antonio Catania e Paolo Ruffini. Il killer che vuole “ricompensare”(per sdebitarsi) l’astrofisico assassinando un “nemico” scelto da quest’ultimo, è una metafora macabra del marcio che circonda il professore. La provocazione, sconcertante, si scontra con l’anima placida dello stesso, che non odia nessuno, pur avendo subito calci in faccia in ambito accademico. A tale proposito, il buonismo di Enzo Stefanelli verrà messo a dura prova. E non tanto per la figliastra dalle aspirazioni velleitarie (vuole fare la cantante lirica, ma è stonata come una campana) e nemmeno per i continui soldi che gli vengono quasi estorti da tutti i componenti della famiglia, ma perché la scoperta di segreti oscuri e apparentemente inviolabili all’interno del suo entourage lavorativo e intimo finiranno per stabilire un transfert con Salvatore, killer napoletano molto intelligente e perspicace e dal “cuore d’oro”. In pratica, un ossimoro vivente. Parrebbe allora che la disonestà, l’essere un assassino ma con dei “valori,” sia preferibile ai disvalori della famiglia Stefanelli, dei colleghi ricercatori e dai superiori del professore, al quale tra l’altro fu sottratta un’importante scoperta scientifica da un suo pari. Il film è tutto girato in Puglia: Bari (sul noto Lungomare), Trani, Acquaviva delle Fonti, Casarano, Tricase, Cavallino. Questo costituisce una curiosità per il pubblico pugliese, che riconosce nelle tante sequenze esterne luoghi di appartenenza. La nazionalità svizzera del regista non ha sfruttato la pugliesità dei caratteri, che non parlano barese, o altri dialetti, tranne la figliastra del professore. Alcune scene sono state girate all’interno del Teatro Petruzzelli, grazie all’accordo con la Fondazione Lirico- Sinfonica del celebre teatro. Si termina a Gstaad ed è presente una sottile critica al mondo dei ricchi, troppo abili in vizi e malefatte. A produrre Andrea Preti, ex compagno di Claudia Gerini. Questo tipo di cinema è da incentivare, perché percorre strade innovative pur rifacendosi a storie classiche, come già detto. Nel cast femminile spicca ovviamente per esperienza Sandra Milo (85 anni). 11 ottobre 2018
Durenmatt è un autore che il mio Prof di filosofia del diritto (R.De Giorgi) ci faceva studiare, come parte del programma. Ci affascinava l’idea di una giustizia incerta, di un apparato poliziesco-giudiziario incapace di cogliere il senso autentico della verità umana. La trama poliziesca, fittizia, dimostra che la stessa produce una costruzione intellettuale debole, e che quello che sfugge alla giustizia dei tribunali può essere eticamente condannabile. ma anche viceversa. Padre dell’ambiguità, intende dimostrare che è il caso che domina i destini umani. film da vedere. Rispondi