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FRANCESCO PICCA CHIAVE 21 I racconti dell’animo

 

di Cinzia Santoro

foto di Marco Stefano

L’uso sapiente delle parole, delle immagini che scorrono ora come in un film in bianco e nero….ora a colori vividi, caratterizzano la scrittura di Francesco Picca, autore pugliese che incontro a Cesena dove vive da qualche tempo. Dinnanzi a un buon bicchiere di Ribolla gialla, vino romagnolo chiacchieriamo senza sosta, interrotti dalle risate sonore di alcuni avventori dell’osteria che ci ospita.

Francesco quando hai sentito che scrivere era quello che volevi fare?
La scrittura è stata una esigenza, inizialmente una pratica apparentemente casuale che si è
manifestata in me in modo più maturo attorno ai vent’anni. È stata un rifugio rispetto alla monotonia
degli studi, prima di chimica e poi di economia. Anzi, è stata una occasione di evasione, per parlare
di me e per parlarmi.
Cosa o chi ispira i tuoi racconti?
Luoghi, viaggi, persone e personaggi incrociati casualmente, esperienze personali. L’ispirazione,
spesso, è stata fulminea. A volte, apparentemente casuale. In alcuni casi, soltanto dopo molti anni,
ho capito il senso di ciò che avevo narrato, o persino la reale identità di alcuni personaggi. È questa,
ritengo, la vera forza dell’imprimere pensieri e stati d’animo: la scrittura conserva, preserva, porta a
maturazione e poi, magari dopo trent’anni, ripropone verità nascoste e regala nuove consapevolezze.
I tuoi scritti sono istantanee, miniature di vita…ora in bianco e nero ora a colori illuminati da
parole morbide ed efficaci….
Sino ad oggi ho scritto soltanto racconti brevi che, tecnicamente, richiedono una certa velocità e
sintesi descrittiva. Ma non è una scelta. Per ora è quasi una esigenza, una condizione inevitabile.
Penso che le mie letture abbiano inevitabilmente condizionato anche la mia scrittura. Da ragazzo ho
divorato Hamingway, Stainbeck, i poeti francesi del novecento.
L’autore tarantino, impegnato da anni nel sociale, ha pubblicato con Pufa Editore, giovane casa
editrice pugliese, la sua prima raccolta di racconti, Chiave 21, che contiene esattamente quattordici
racconti brevi, intensi e diversi l’uno dall’altro nel fermare il momento, il vissuto o semplicemente
il ricordo di infanzia che accompagna lo scrittore. Leggendo i diversi racconti ho viaggiato con
l’autore nel suo mondo, dove i particolari diventano cesellature finissime e i volti fotografie
realistiche. I protagonisti di Chiave 21 coinvolgono talmente tanto il lettore che al termine quasi ci
si rammarica di non doverli più incontrare.
L’uso sapiente della scrittura fa di te uno scrittore? O usi le parole anche nella vita di tutti i
giorni?
La scrittura è un esercizio dell’anima, pertanto ritengo che le definizioni e le classificazioni abbiano
poco senso. Costringere e limitare la scrittura è contro lo stesso spirito libertario che sottende ad
ogni forma espressiva. La comunicazione moderna richiede un uso strategico delle parole, ma ha
poca cura della ricchezza, della bellezza, del timbro, del colore. La scrittura ha una sua musicalità
che non può essere semplificata in uno slogan tarato sugli schemi asettici e monotòni dei social.
Sei felice?
Cerco di coltivare ogni giorno una certa “tensione” verso la ricerca della felicità. Non la si dovrebbe
mai trascurare questa ricerca e solitamente diffido di chi media, di chi modera, professando
improbabili traguardi di serenità. La vita, l’amore, i sentimenti in genere, richiedono nutrimento
vivo, quotidiano, colori vividi ed emozioni non numerabili. La serenità la lasciamo ai ragionieri e ai
loro bilanci per conto terzi.
Dove vivi?
Ho vissuto per sei anni in Romagna, una terra accogliente che mi ha regalato nuove prospettive e che ha
ispirato alcuni miei scritti inediti. Ora, però, torno in Puglia. Non so per quanto, fino a quando. Ho imparato
a non oppormi alla corrente impetuosa delle vicende della vita. A volte bisogna lasciare scorrere, lasciare
andare, lasciarsi andare.
Che progetti hai per il futuro?
Ho degli scritti inediti, un paio già premiati in concorsi letterari. Alcuni editori sono già al lavoro. Spero che a
breve ci siano novità.
C’è un posto dell’anima dove ti acquieti per scrivere?
È la scrittura che accoglie l’anima. Amo definire la scrittura come il mio “non luogo preferito”.
Al termine dell’intervista saluto Francesco Picca con la promessa di rivederci ancora per nuove
collaborazioni, magari in terra pugliese, aspettando la nuova raccolta di racconti dell’animo di cui ho avuto il
piacere di leggere qualcosa in anteprima…
3 luglio 2018

 

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