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The Post: film eccellente come ricostruzione d’epoca, ma la migliore è Meryl Streep

di Romolo Ricapito

The Post diretto da Steven Spielberg sta  ottenendo un grandissimo successo tra il pubblico italiano che lo ha eletto immediatamente padrone del box office.

Già superati i due milioni di euro  d’incasso nel week end.
Eppure la pellicola che è candidata agli Oscar come migliore film e migliore protagonista (Meryl Streep) è tutt’altro che facile e commerciale.
Infatti  (e non a caso), The Post  è stato escluso dalle altre nomination, ad esempio  per la regia e per il migliore attore protagonista.

Il film  risalta soprattutto per l’interpretazione della Streep che è Katherine Graham, vedova di Philip, editore del Washington Post, al quale  ella succede alla guida della testata.Il tutto verte (a partire dal 1971) su una sfilza di documenti trafugati  al Pentagono da parte di  un dipendente (Daniel Elsberg, economista) e che provano senza ombra di dubbio la responsabilità di ben quattro Presidenti (in ordine cronologico da Kennedy a Nixon, quello in carica al momento della storia) nel far proseguire la guerra in Vietnam a oltranza,  con motivazioni ignote al popolo americano, dando ad esso  certezza  e fiducia che il conflitto si sarebbe concluso rapidamente, con gli Stati Uniti in pole position come vincitori.

 

Katherine Graham

La Graham guidò il Washington Post per due decadi e il suo merito principale fu quello di essersi smarcata dall’ambiente politico di Washington del quale il marito, che morì suicida nel 1963, era contiguo .

Egli, alcolista e con problemi neurologici, andava a braccetto con JFK  , col fratello Robert, Kennedy, Lyndon Johnson etc dunque la pubblicazione della documentazione scottante (sulla quale tutto il film in realtà verte da inizio a fine ) sul giornale di famiglia è la dimostrazione, o meglio la metafora, della voglia della stampa americana di rendersi  indipendente rispetto al potere non essendone  mai asservita.  Il direttore del giornale, Ben Bradlee ovvero    Tom Hanks è interpretato in maniera sobria ed efficace .
Hanks azzecca  dunque quel  ruolo elegante e distaccato che gli mancava da tempo.
Del film colpisce la perfezione  nella ricostruzione degli ambienti d’epoca e, a costo di essere ripetitivi, va ribadito, si imprime nella memoria  la straordinaria prova di Meryl Streep che non dà un’interpretazione scontata e di maniera ma molto motivata . Essa si distacca poi  per misura e intensità dalle eroine femminili classiche del cinema, anche se la Graham fu un’eroina vera (e vinse tra l’altro il premio Pulitzer nel 1999 con le sue Memorie).
Va detto che The Post non utilizza come colonna sonora, come d’abitudine nei film d’epoca odierni, canzonette del passato e questo rigore si  estende ad altri aspetti fondanti del film.
Per cui se da un lato l’interesse a seguire la storia c’è (essa termina con l’inizio dello scandalo Watergate) d’altra parte il tutto non inciampa, ma si scontra, con un certo formalismo nell’esecuzione e con un eccesso di informazioni che si vuole dare allo spettatore circa i troppi abusi politici del passato americano  e il  provvidenziale risveglio delle coscienze tramite la stampa, diventata  una sorta di cartina di tornasole che svela ipocrisie e inganni.
Perciò il fascino del film risiede in larga parte nella regia elegante, capace e davvero in bilico tra classico e classicheggiante.
Epperò molta ambizione sconta una certa freddezza, appunto, che non riesce a trasformare il formale in emozionale.
Per cui The Post diventerà un piccolo classico da cineteca ma difficilmente diventerà un successo di ascolti una volta trasmesso in televisione, perché non è un film per le masse, nonostante voglia insegnare molte cose proprio ad esse.
05 febbraio 2018

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