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Suburbicon: convince lo spaccato di un’America razzista e perversa, diretto da George Clooney

Suburbicon
di Romolo Ricapito
 
Suburbicon, diretto da George Clooney che ha anche sceneggiato il materiale coi fratelli Cohen, sta ottenendo un discreto successo in Italia, mentre negli Usa è stato un flop, incassando appena 5 milioni di dollari  .

 

SuburbiconAd ogni modo in tema di risultati al botteghino  a stravincere prima dell’infornata natalizia è Assassinio sull’Orient Express che ha incamerato sino alla data dell’11 dicembre 8 milioni di euro, mentre si lamenta un calo d’incassi nei feriali per quanto riguarda gli altri film della top ten, compresi i film italiani Smetto Quando Voglio: ad Honorem e Il Premio di Alessandro Gassmann che aveva svettato nel w.e. grazie al passa-parola.
Il film di Clooney è da considerarsi una commedia nera con risvolti prettamente sociali e di critica alla società americana degli anni Cinquanta-Sessanta.
Per quanto riguarda la parte razziale, l’opera potrebbe fare il paio con The Help recentemente ritrasmesso da Rai Uno, ma l’agiografia dell’America wasp e perbenista rimanda  a un film meno recente, Pleasantville, del 1998.
E laddove Pleasantville è lo stereotipo del sogno americano, lo è altrettanto Suburbicon, immaginaria cittadina statunitense dove tutto è lindo e perfetto.
Ovviamente non tutto è così e come struttura, ma soltanto generica, il film rimanda al serial Desperate Housewives.
In questa farsa-tragedia ambientata nel 1959 (e girata in California)  si è voluto dare voce all’inganno dell’apparenza, concernente una famiglia di perbenisti.
La scena è tutta loro, mentre il problema della bella famiglia di neri che “osa” andare ad abitare in un sobborgo per bianchi è lasciata sullo sfondo.
Il trait d’union è dato dal figlioletto dei Lodge, Niky (il bravissimo attore inglese in erba Noah Jupe, tredici anni, il più in gamba dopo Julianne Moore) che fa amicizia col piccolo vicino di colore Andy Mayers, interpretato da Tony Espinosa .
Questo legame puro, spontaneo e disinteressato è il messaggio di tutta l’opera.
Ovvero: ciò che è positivo è salvifico.Suburbicon
La famiglia dei Lodge è capitanata dal  pacifico e tutto di un pezzo  Gardner  che è un padre padrone a tutto tondo dietro l’apparenza “democratica” : costui,   un Matt Damon dall’interpretazione decisa e impassibile, è superato però in bravura dalla moglie cinematografica, Rose   (Julianne Moore).
La cosa più originale del film è il doppio ruolo della Moore che interpreta  appunto anche la sorella gemella di Rose, Margaret.
Rose è sulla sedia a rotelle per un incidente d’auto al quale è sopravvissuta assieme al marito, rimasto incolume.
I Lodge subiscono quella che negli States viene chiamata home invasion, ossia l’assalto di una spietata coppia di delinquenti che provoca la morte (non voluta?) di Rose.
Va detto che il film è molto ben riuscito  per vari motivi: oltre per i ricchi contenuti anche per la  la fotografia,  e il cast   di caratteristi che vede la partecipazione dell’attore guatemalteco Oscar Isaac nel ruolo di un astuto agente assicurativo (Bud Cooper).
Ma colpisce anche l’interpretazione di Gary Basaraba, il corpulento zio Mitch, che è il gigante buono della situazione. Per completezza di informazione,  è ottima  anche l’interpretazione dell’afro-americana Karimah Westbrook nel ruolo della signora Mayers perseguitata, anche al supermercato, da un popolo “bue” di razzisti.
Relativamente al film, si vuole offrire al pubblico un’azione movimentata,da thriller, ma   in certi casi anche da film d’azione.
La famiglia di bianchi presa in esame, i Lodge, sono la rappresentazione spicciola o meglio la controparte e allegoria  degli haters, ossia degli odiatori della famiglia afroamericana.
Ovvero mentre l’intera cittadinanza dà l’assalto alla  casa della famiglia Mayers, osteggiata da poche forze di polizia, con lo  scopo di cacciarli dal quartiere con la forza bruta e utilizzando la bandiera americana come “scudo” e ragione per le loro deliranti istanze di legge e ordine, si assiste al dramma dell’altro nucleo familiare protagonista, i Lodge.
E’ come se regista e sceneggiatori volessero arringare gli spettatori mettendo in Suburbicon filmluce le storture e insieme le aberrazioni di una famiglia “scelta a caso” e che rappresenta la civiltà americana, in questo caso l’inciviltà.
I difetti di questa civiltà sono essenzialmente  l’amore incondizionato per il dollaro, che fa mettere da parte i tutti i valori, compresi quelli della giusta educazione  da dare alla prole.
Frodi, delitti, inganni, bugie, amore per l’apparenza e adorazione delle perversioni (c’è anche una breve scena di sesso sadomaso praticata dalla coppia adultera) sono l’essenza di questa società malata che nel privato organizza di tutto e di più, ma  principalmente sul versante del male. E che in pubblico, per una forma di eccitazione collettiva, è pronta a fare fronte comune contro gli “estranei” che possano svelarne, o contrastarne, l’inciviltà
In questo caso il razzismo degno del Ku Klux Klan nei confronti degli “stranieri”, cioè  la famiglia di neri, è la copertura e il pretesto per evitare auto-analisi e colpe che alla verità dei fatti risulterebbero impietose.
Anche il personaggio dell’assicuratore, in apparenza un onesto funzionario, è parte di questa società nelle sue sfumature ambigue e trasgressive.
A salvarsi è la mamma disabile ma proprio per questo però destinata a una fine precoce.
E’ chiaro che questo  schiaffo  ai pregiudizi e alle radici degli Stati Uniti non è piaciuto agli americani, o almeno a quel pubblico che vuole essere in questo momento rassicurato e non stimolato alla riflessione.
D’altra parte George Clooney, va detto, ha rivelato maturità di artista nel ruolo di regista e dunque questo Suburbicon è certamente un buon film destinato, per contenuti, risvolti e costruzione complessiva a diventare un classico da cineteca.
13 dic. 2017
 

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