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L’altra metà della storia: polpettone inglese di regista indiano che imita Proust e Ishiguro, vale solo la Rampling

Romolo Ricapito
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di Romolo Ricapito

 
FILM CHARLOTTE RAMPLINGL’altra metà della storia è un film britannico diretto dal regista indiano Ritesh Batra il cui titolo originale suona però come “Il senso di una fine” ed è tratto dal romanzo di Julian Barnes, appunto”The sense of ending” vincitore di un Booker Prize.

Trattasi di una storia nostalgica ed evocativa la cui fascinazione però è molto annacquata da una sceneggiatura e da una regia troppo classiche  e formali, oltre che complicate.
Inoltre il presente del personaggio principale interpretato da Jim Broadbent è una sorta di  viale del tramonto troppo tranquillo: l’uomo gestisce da pensionato un negozio nel quale  vengono vendute macchine fotografiche usate, ha un’unica  figlia, incinta, che intende  crescere la nuova creatura da sola e una ex moglie avvocato comprensiva e affettuosa, seppure apparentemente distaccata.
La noia è il motore che spinge Tony (Broadbent) a pensare al passato, quando  da giovane liceale si invaghì di una bionda  e bellissima  compagna di classe, Veronica.
La nostalgia di quel tempo idealizzato si attua anche a causa  di una sorta di  eredità che la madre di tale vecchia conoscenza  (Sara) gli lascia, a sorpresa , costituita da  un misterioso diario. Inoltre Adrian, il migliore amico del protagonista,  suicidatosi,  ebbe una relazione con Veronica che ispirò  a  Tony, geloso,  una perfida lettera nella quale malediva la love story nascente tra i due   e la loro futura prole.
Lo stesso Tony però nelle rimembranze nostalgiche, appare un inesperto in amore che rifiuta il corpo carnale dell’amata per suoi  troppi imbarazzi, tabù e insicurezze.
Va detto che l’opera è strutturata in modo da assomigliare in qualcosa a Quel Che Resta del Giorno dello scrittore neo-premio Nobel Kazuo Ishiguro,  ma senza avvicinarsi minimamente a quel capolavoro che fu rappresentato al cinema con l’interpretazione di uno straordinario Anthony Hopkins.
E poi l’influenza di Proust si fa sentire: Tony ha nostalgia di immagini precise del passato, come la madre di Veronica (Sara) che lo  saluta sotto il glicine.
 Anche  le schermaglie con l’amata Veronica assurgono a madeleines proustiane.
Epperò questa nostalgia, che sembra appunto il rifugio di un fallimento esistenziale, non è condivisa da Veronica che ricompare in scena,  settantenne, nella personificazione della splendida Charlotte Rampling.
La Rampling, che ha a disposizione soltanto il secondo tempo, è un personaggio concreto e credibile.
Ella pone il suo vecchio amico Tony di fronte alla realtà : il suo fallimento esistenziale, la sua nullità ma, soprattutto, la sua cattiveria.
Infatti    la lettera insultante, che la donna gli restituisce, ha segnato il destino dei protagonisti.
Ma il personaggio di Veronica è concreto anche perché ella si occupa attivamente di volontariato, dedicandosi a un fratello molto più giovane, disabile mentale.
In pratica le donne del film, rappresentate anche dalla figlia  Susie  (Michelle Dokery) e  dalla  ex moglie di Tony (Margaret, interpretata da Harriet Walter ) sono personaggi reali, generosi e vitali.
Invece  il lezioso protagonista , perduto nel suo passato (troppo volatile e reso prezioso soltanto dall’essenza della giovinezza vissuta  come sterile rimpianto) è un  personaggio se non sgradevole, nemmeno positivo.
Il film non vola mai: il suo rigore, la sua eleganza prettamente formale, il suo dipanarsi artificioso  non commuovono, non prendono e non emozionano.
Insomma L’altra metà della Storia sembra un’esercitazione registica per un pubblico senile e non un’opera che si caratterizza per particolari spunti  innovativi da offrire alla platea.
Anzi, la noia potrebbe prendere il sopravvento, annullando qualche elemento positivo che però si mette in luce nel finale.
Jim Broadbent non spicca, nonostante abbia all’attivo un Oscar (come non protagonista) assegnatogli nel 2002.
Decorativi i giovani attori che interpretano i protagonisti da giovani.
A spiccare è   soltanto la fantastica Charlotte Rampling.

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