La Cura del Benessere, ottimo thriller di matrice europea. “Il kobra non è un serpente, ma una biscia fetente che domina la scena per tutto il film” Cinema 27 Marzo 201727 Marzo 2017 di Romolo Ricapito La Cura del Benessere di Gore Verbinski è un pomposo thriller di produzione statunitense e germanica ma nel quale la matrice tedesca ha il sopravvento, per ambientazioni, atmosfere e contenuti. La definizione pomposo è data dalla durata, ma anche dai molteplici significati che la pellicola assume in veste di metafora. Quest’ultima non è altro che lo scontro tra modernità, logiche affaristiche predominanti sull’individuo e il salutismo, o meglio la ricerca di un benessere fisico, affidato nelle mani di medici considerati prodigiosi e competenti. Tutte quante le tematiche si rivelano contestate e contestabili. Gli affari, rappresentati a inizio pellicola da rigidi manager statunitensi, anche sboccati (in questo caso ad esserlo è un’anziana dirigente) dominano freddamente un giovane impiegato e affarista, che deve recuperare per volere unanime l’amministratore delegato della ditta, il quale si è chiuso in una sorta di clinica del benessere sulle Alpi Svizzere, rimanendovi per troppo tempo. Nell’azienda base è in atto una importante fusione che necessita del responsabile, misteriosamente non contattabile. La salute, il salutismo e la cura sono raffigurati dalla suggestiva clinica, gestita da un aitante e maturo dottore, Heinrich Volmer interpretato dall’inglese Jason Isaacs. Essendo però i pazienti di tale clinica dai 60 in su, ecco ancora una metafora: quella di un folto gruppo di anziani (la maggior parte tra i 70 e gli 80) che delega a presunte cure prodigiose e ampiamente pubblicizzate la riscoperta di una nuova giovinezza. Il fascino del film risiede all’inizio nella descrizione di splendidi panorami svizzeri, per strade irte e vegetazione verdeggiante, che sconfina nel Castello di Hohenzollern, nel quale è ambientata la parte esterna. Tale castello fu abitato dalla famiglia di cui porta il nome fino alla prima guerra mondiale dal lontano Medio Evo. Ma in realtà si trova in Germania e non in Svizzera. La Cura del Benessere ha un andamento giallo, ma sconfina anche nell’horror, principalmente nella seconda parte. Nella prima, abbondante per durata e introduzione, c’è una predominante ricerca di situazioni inquadrature e suspense in forme inedite, non scontate, ma con uno sguardo all’antico, rappresentato anche dalle leggende alle quali il film attinge. Più avanti, la storia si intreccia e complica, per fortuna non annoiando e sostenendo le sue due ore e mezza. Emerge però, a dispetto dell’eleganza del tutto, una esteriorità comunque livida, spartana e algida, ovvero una certa forzatura che si unisce talvolta anche al cattivo gusto tipico di certo cinema di matrice germanica. Questo cattivo gusto, insistito, ha la forma figurata di bisce falliche che rappresentano il marcio della storia e la cui evocazione è presente in tutto il film. L’altra contestazione da muovere riguarda proprio l’ultima parte, che richiama alla mente certi horror con Vincent Price nella costruzione e rappresentazione. Due tipi di film si uniscono, dunque ed è come se la Cura del benessere racchiudesse due pellicole in una. Infine dà fastidio il doppiaggio dei personaggi che rappresentano il personale paramedico del Castello-clinica che è reso con accento tedesco. Interessante è il personaggio della ragazzina interpretato da Mia Goth, 23 anni, ma che a causa della sua magrezza e del volto puerile interpreta un carattere con quasi due lustri in meno. Anche l’altezza, notevole (1,77) è celata dai movimenti dell’attrice che tende ad abbassarsi o con le inquadrature che la fanno apparire piccolina. Il personaggio di Hannah è l’epitome dell’innocenza ingannata, della voglia di riscatto delle adolescenti abusate da situazioni più grandi di loro. Ma La Cura del Benessere è anche un film sulla vecchiaia. Gli insistiti primi piani sui volti, le coreografie con pazienti anziani che ballano in piscina dominati da un istruttore, rimandano al film di Sorrentino Youth-La Giovinezza anche per l’ambientazione nel castello, finta beauty farm. Per una causalità il cervo che attraversa la strada provocando l’incidente di macchina al protagonista costituisce una sequenza identica al film Elle, con Isabelle Huppert, uscito in contemporanea. Ma sono appunto coincidenze. Dan De Hann, dal volto efebico, è un buon protagonista. Poco conosciuto in Italia, ha interpretato James Dean in Life e doppiato negli States il film a cartoni animati Ballerina, da poco uscito anche da noi. Nel cast si ammira anche l’attrice inglese Celia Imrie, nei panni della matura Mrs Watkins. Nonostante il cast sia angloamericano, tecniche, ambientazioni e scelte produttive trasformano il film in un prodotto tipicamente europeo, ma con influssi germanici, appunto, piuttosto che inglesi. Ivo Nandi (origini italiane?) è l’ambiguo tassista. Concludendo, La Cura del Benessere è un ottimo film che probabilmente diventerà un cult nei prossimi anni, perché propone tematiche che non tramontano, ma continuamente si aggiornano con l’attualità.