Amatrice, la Spoon River italiana. Tra cronaca, incubo e poesia Attualità Cronaca 27 Agosto 2016 di Romolo Ricapito Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi Amatrice come Spoon River. Come enunciato dolorosamente dal sindaco, Sergio Pirozzi, “manca il panettiere, manca la macellaia”. Fuggiti, periti, dispersi. Le storie di chi non c’è diventano racconti tristi, di nostalgia, nonostante il terremoto sia un evento recentissimo. Ma nella ridente cittadina è l’ora del riposo forzato, in attesa di quella che molti chiamano “la ripartenza”. Ma tornare alla realtà non vorrà dire dimenticare chi non ce l’ha fatta. Piuttosto ricostruire il “villaggio umano” sull’onda dell’esperienza e dell’umanità di chi l’ha abitato e che purtroppo non è più presente. I resti di Amatrice Le parole del primo cittadino, reali e non banali, si scontrano con le ovvietà da social network o di ripetizione giornalistica che, per ragioni di servizio e forza di cose, devono riempire i notiziari. L’esperienza di un terremoto in piena estate è stata terribile anche perché è questa la stagione dello svago, della distrazione e del divertimento. I borghi colpiti acquistavano nuova vita e nuova forza che sarà necessario ripristinare, anche con l’ausilio di costruzioni antisismiche a norma di legge.