Sei qui
Home > Cultura > Intervista a Pasquina Filomena

Intervista a Pasquina Filomena

Cinzia Santoro

Pasquina Filomena : “Sono una donna, una madre e una poetessa. La mia vita è stata sconvolta da uno tsunami.”

Pasquina Filomena ha un sorriso che riempie la stanza ma i suoi occhi sono fissi nel vuoto. Pasquina vuole ritornare alla sua vita, quella quotidiana, fatta di un lavoro che ami, dei figli che crescono e delle poesie che nascono dal cuore, Pasquina vuole lasciarsi alle spalle quest’ultimo anno difficile.

Come inizia la tua malattia?
Era un giorno di ottobre del 2021 e dinnanzi al mio occhio destro un velo mi appanno’ la vista. Preoccupata mi rivolsi a uno specialista a pagamento che mi diagnisticò un distacco della retina e mi consigliò una fluorangiografia. L’esito fu negativo. Ma io avevo paura, sentivo che c’era qualcosa che non andava. Ero sempre stanca e non reggevo i ritmi incalzanti della mia vita lavorativa.  Avevo vertigini, mal di testa e la mia vista si offuscava sempre più. 
Altri specialisti non furono in grado di diagnosticare la mia patologia.

Pasquina Filomena

Quattro mesi dopo cosa succede?
Solo a marzo 2022 la dottoressa De Roma, oculista del Presidio Ospedaliero della Valle D’Itria, dopo un’ accurata anamnesi e visita oculistica mi inviò con urgenza da un neurologo.
Erano trascorsi quattro mesi dal primo sintomo e il mio tempo era stato dedicato alle attese per prenotare, alle telefonate al cup, alle sale d’aspetto di professionisti interpellati a pagamento nella speranza di arrivare a una diagnosi.
Il neurologo mi chiese di fare una risonanza.

Cosa accade per prenotare la risonanza?
Dovevo prenotare la risonanza  ma la ASL di Taranto mi dava l’appuntamento per ottobre 2022. Era aprile e io ero disperata. Ho chiesto aiuto e ho avuto l’appuntamento il 21 aprile  grazie a un conoscente. Pensa se mi fossi arresa aspettando la risonanza a ottobre. Forse oggi non potrei raccontare questa triste avventura. Io sono una donna che ha due figli e un lavoro part time e ho provato sulla mia pelle cosa significa ammalarsi qui nel nostro paese. Cosa deve fare una donna che lavora e si ammala? O si cura a pagamento o muore!  È questa la triste realtà della nostra sanità, se chiedi di prenotare con richiesta devi attendere un anno, ma se vai privatamente vieni ricevuta immediatamente. 

La diagnosi

La diagnosi fu meningioma sfeno-orbitale all’occhio destro. Erano trascorsi sei lunghi mesi e la vista era calata ancora di più. Il mio medico di famiglia mi consigliò di prenotare una visita neurochirurgica urgente. Ma anche in questo caso le liste d’attesa erano lunghe e io decisi di prenotare una visita privata dal dottor Vincenzo D’angelo, neurochirurgo che opera presso l’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Devo la mia vita a quest’uomo, professionista d’eccellenza nel nostro territorio.  Rischiavo la vita o la cecità. Il tumore era cresciuto tanto, era di tre centimetri e aveva intaccato il nervo ottico, la carotide e l’altro occhio. Il professore mi ricoverò dopo un paio di giorni. Lui si è assunto la responsabilità di operarmi e mi ha restituito la vita. Provo gratitudine e stima per il dottor D’Angelo. Ero stata in un’ altra struttura ma non si erano assunti la responsabilità di operarmi. Ero un caso complicato e il tempo aveva giocato a mio sfavore.

Pasquina Filomena

Cosa hai provato?
Sapevo dall’inizio che non stavo bene. Il mio corpo mi parlava anche se io mi impegnavo nel lavoro per esorcizzare la paura. È  stato terribile, in quel momento ho pensato ai ragazzi, ai miei due figli che hanno bisogno di me. Il mondo mi è crollato addosso.  Ho comunque supportato la mia famiglia, i miei genitori, i miei figli e il mio ex marito che erano tutti molto spaventati. Era tutto triste e io mi sentivo sola. Desideravo un abbraccio, volevo essere consolata, volevo sentirmi dire che sarebbe andato tutto per il meglio.

L’intervento

Sono entrata in sala operatoria fiduciosa. Purtroppo potevo solo accettare quello che mi stava accadendo.  L’intervento è durato circa nove ore. Mi sono risvegliata in terapia intensiva. Ero intubata, sedata e avevo sete, tanta sete. Ricordo che gli operatori sanitari mi bagnavano le labbra con le garzine prima e solo dopo avermi stubato nei giorni successivi,  con una piccola siringa mi davano l’acqua. Avevo un’ emorragia intracranica e una setticemia. Non vedevo nulla e  non avevo il senso del tempo. Riconoscevo le voci, ricordo la voce di Rocco e di Giovanna i cui volti non conosco ma che abbraccerei volentieri. Stavo male, ma l’equipe infermieristica era preparata professionalmente e aveva una grande umanità. È importante la preparazione e l’umanità degli operatori sanitari per i pazienti ricoverati in terapia intensiva. I medici, gli infermieri e gli oss di quel reparto all’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti  erano tutti strepitosi. Io piangevo, volevo i miei figli e loro mi rassicuravano dicendomi che i ragazzi passavano ogni sera con gli altri familiari per sapere come stavo.

La degenza nel  reparto di neurologia

Ero stata trasferita in reparto, ero felice.  Ma il giorno dopo ho rischiato di tornare in sala operatoria.  Avevo mal di testa e un’ ischemia in corso.  Tac d’urgenza e terapia. È andata bene, posso raccontarlo.

Pasquina Filomena

La  mia vita oggi

Mi resta una cicatrice di trenta punti sulla testa e vertigini, stanchezza, cefalea. Un paio di volte sono svenuta. Faccio fisioterapia perché ho difficoltà a deambulare e  problemi alla mandibola. Non vedo dall’occhio destro e le crisi ipertensive mi tormentano. Mi sento spesso sola, penso al mio futuro, al mio lavoro e ai miei figli.
Sono una donna separata con due figli, posso contare solo sul mio lavoro, e al momento non sono in grado di ritornare al mio ruolo. 

Quanto le istituzioni, lo stato o i suoi rappresentanti sono vicini alle donne che come te si ritrovano in situazioni simili alla tua?
Non c’è lo stato per noi, sono una donna separata e ho un lavoro ma non avendo uno stipendio adeguato mi sono trascurata. Ho rimandato i controlli  all’inizio perché non avevo la possibilità economica per fare le visite.

Cosa ti aspetti dal futuro?
Vorrei tanta serenità, vorrei tornare in salute. Sarebbe bello un po’ di luce in questa mia vita.
Ho dovuto superare una tempesta, ora mi aspetto un regalo dalla vita, me lo deve.

Tornerai a scrivere?
Si, scrivere è la mia passione.  Ora faccio fatica non avendo recuperato la vista.  Ma sono ottimista, scriverò ancora poesie e forse un libro che parli di questo momento difficile per me.  Voglio dedicare ai lettori questi ultimi versi che ho scritto con tanta fatica, una poesia di luce e speranza. In fondo io sono i miei versi.

Vivere e sorridere di Pasquina Filomena

Sono mesi ormai,
che mi chiedo il perché
di tutto questo dolore.
Il perché,
la vita si è accanita,
come un temporale senza fine.
Il perché,
il mio essere forte e indistruttibile,
deve farmi diventare fragile,
gli occhi di Dio.
Poi,
guardo questi occhi innocenti,
questo sorriso,
stupendo,
e mi vien voglia di VIVERE.
Perché io sono VIVA.
Forse,
dopotutto,
non è stato così invano,
perdere uno dei miei occhi.
Magari,
a Dio,
è servito,
per ridare il sorriso…
a questa anima bella.

3 ottobre 2022

Lascia un commento

Top