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Intervista a Salvatore Esposito: “Ho sempre notato i volti delle persone che, ascoltano le mie poesie, le espressioni che assumono riflettono le emozioni che suscitano i miei versi”

di Cinzia Santoro

Salvatore Esposito, classe ‘52,  scrive poesie da circa trentaquattro anni in italiano e napoletano. È del 1976 la sua prima poesia intitolata È sera. Ma è a fine anni 80 che inizia a comporre anche in lingua napoletana fino a stampare in proprio la sua prima silloge intitolata “Oltre il muro della solitudine” nel dicembre 1992, arricchita dai disegni di Laura Russo. 

Nell’ottobre 2003, stampa, sempre in proprio, la sua seconda silloge intitolata “I colori della passione”, composizione arricchita dalle foto di Paola Ceci, romana, che aveva sperimentato diverse tendenze sul linguaggio dell’immagine, soprattutto sul genere astratto, all’interno del quale ha operato attraverso le tecniche del mosso e delle esposizioni multiple 

È segretario del Premio di Arte e Letteratura “Domus Artis Mater”, organizzato a Caserta, dove risiede da trentuno anni. Durante la sua permanenza a Roma, ha seguito un corso di Operatore Shiatsu, conseguendo l’attestato nel 2003.

Ha seguito per otto anni, il corso di Arte e Teologia della scuola di Alta Formazione per l’Arte e la Teologia c/o la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli – Sez. S. Luigi.

È iscritto dal 2017, in qualità di poeta dialettale, all’Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali (A.N.PO.S.DI.)

L’intervista 

Perché hai cominciato a scrivere? 

Inizialmente era un bisogno forte di comunicare, rendere partecipi gli altri delle mie emozioni poiché a usare le parole mi risultava più difficile. La mia separazione dalla prima moglie probabilmente ha rappresentato l’inizio della mia scrittura poetica. 

Quali sono le tue opere?

In verità, c’era stato anni prima il vero esordio ma rimase un caso isolato per molto tempo.

Le prime due sillogi, Oltre il muro della solitudine e I colori della passione, erano raccolte pubblicate per conto mio, pertanto non le considero.

La mia vera prima raccolta, intitolata Tra sogno e realtà, fu pubblicata nel 2008 a Roma da Il Filo edizioni, oggi Il Filo Albatros.

La seconda opera è stata pubblicata dopo tre anni, nel 2011, intitolata  ‘O scaravàttulo, da Guida editore Napoli. Questa è stata la prima raccolta in lingua napoletana.

La terza opera, ancora in lingua napoletana, è stata: “Viento d’autunno” nel 2016, pubblicata da Saletta dell’uva, Caserta, con la prefazione di Raffaele Nogaro il quale scrive:

Il poeta mette in piena luce avvenimenti quotidiani e quindi fugaci, obbedendo però all’urgenza della realtà viva, fino a rendere gli episodi quasi paradigmatici e immortali.

La sapienza della vita diventa misteriosa e anche  liberatoria, quando le pene d’amore possono cancellare i peccati, come si afferma nella composizione: ‘‘Tu che ne saje’’.

I suoi versi tengono il passo della vita. La sua poesia sembra entrare e uscire continuamente dalla pagina, attraverso la porta della vita, che è sempre irraggiungibile nella sua pienezza. Più che poeta Salvatore Esposito, è un ‘‘homo poeticus’’, è una specie di incarnazione fisica ed esistenziale dei grandi sentimenti della vita

A fine ottobre 2020, la mia quarta raccolta di 59 poesie e una lettera di autori del Novecento tradotte in lingua napoletana a fronte, dove ho inserito grandi poeti e alcuni poco conosciuti. Una impresa sulla quale ho lavorato per oltre due anni. Attualmente in cantiere c’è un’altra raccolta, al vaglio di una casa editrice milanese. 

C’è un’immagine che ricollega al momento in cui hai deciso di voler diventare poeta?

Ho sempre notato i volti delle persone che, ascoltando le mie poesie,  assumevano delle espressioni in linea con le emozioni che riuscivo a trasmettere. Questa, forse, è stata da sempre l’immagine che più mi è piaciuta. 

Il tuo rapporto con la poesia  com’è cambiato nel tempo. Cosa significa scrivere oggi, e cosa significava agli inizi? 

Inizialmente scrivevo più del dolore e della solitudine, dopo un po’ di anni tutto questo è stato sostituito da sentimenti di amore, di gioia, dall’ironia su me stesso e sugli altri. 

Qual è il tuo lettore ideale? 

Il mio lettore ideale è una donna che abbia una buona dose di sensibilità. Lo si può ad esempio riscontrare nei commenti sulle mie poesie postate su fb.

Che relazione c’è tra la scrittura e la società, con le sue influenze politiche e culturali? E come convivono questi aspetti nella sua produzione letteraria?

Ho scritto sulla camorra, sulla politica, ho scritto poesie sulla guerra in Iraq, sul terremoto ad Haiti del 2010. Sui costumi in voga negli anni ‘70, sulla violenza per le strade di Napoli.

Se potessi scegliere  tre liriche da consigliare, quali sarebbero?

Tra le poesie più significative posso citare “Quanno ll’aria era fresca e ddoce”, sul tema dell’ecologia, la mia prima poesia premiata (col premio della critica) nel concorso Giano 90 e conferito durante la premiazione svoltasi nell’aula magna del centro Coni di Formia. La poesia fu l’unica letta dall’autore, cioè io, davanti a una platea di circa trecento persone, dopo il rifiuto dell’attrice la quale non era in grado di leggere in lingua napoletana.

La poesia è stata pubblicata nella raccolta ‘O scaravàttulo.

Tanno ll’aria era fresca e ddoce, 

dint’ ‘o ciardino, che ppace… 

Na lenza ‘e sole mmiezo ‘e ffronne sbariava, 

e n’auciello appriesso, sulagno, ca cantava…

Salvatore Esposito

Un’altra poesia che ricordo con piacere è stata “‘O sole e ‘a luna”, pubblicata nella stessa raccolta e presentata al concorso Un sorriso con le mani tese, la cui premiazione (2° premio per la poesia in vernacolo), al teatro Sannazzaro di Napoli nel 1993, fu presieduta dal presidente dell’ISEF on. Carmine Mensorio. Ospite della manifestazione fu l’attore Enzo Cannavale. La poesia fu ispirata da un piacevole incontro, dal quale nacque una simpatica amicizia, con una hostess avvenuto in un bellissimo hotel di Palermo durante la presentazione di alcune nuove stampanti della Bull.

Rideno ll’uocchie tuoje 

quanno me guardano ‘a luntano, 

e i’ cerco ‘e capì si me vuò sfruculià,

o si mmece pure tu, d’ ‘o primmo mumento, 

si’ stata cuntenta ‘e me ncuntrà. 

Una poesia che ho nel cuore e a cui sono molto legato è “Viento d’autunno” dove l’autunno rappresenta la fase discendente, quella cioè, in cui si cominciano ad avvertire i primi segni dell’invecchiamento, rappresentato dall’inverno. L’autunno però è anche la stagione della maggiore consapevolezza, della saggezza, il momento in cui ognuno traccia il bilancio della propria vita. 

Così, nel mio caso, gli insuccessi, le delusioni, le sofferenze, sono trattati non come elementi negativi in sé, ma come condizioni che hanno contribuito ad alimentare la crescita della mia personalità, del mio carattere, mettendo ulteriormente a fuoco gli elementi positivi vissuti, senza mai tralasciare un pizzico di ironia che ha reso meno drammatica e più sopportabile la mia esistenza.

Stasera ‘e stelle ‘ncielo so’ ccagnate,

nun ce stanno cchiù chell’ ‘e na vota,

‘e quanno ‘a luna ‘e russo sé pittava

e ttu stive a ppurtata ‘e chistu core.

13 aprile 2022

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