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Chiara Samugheo la Fotogiornalista tra le Stelle.

E’ scomparsa un’icona della storia della fotografia.

di Piero Fabris

Foto di Daniela Ciriello

Chiara Samugheo avrebbe compiuto novantasette anni il 21 marzo.  È venuta a mancare alle 11,30 del 13 gennaio 2022 e con lei se ne è andato un altro tassello della storia della fotografia. Aveva lasciato Bari nei primi anni cinquanta, non accettando l’idea, secondo la quale, l’unica via di realizzazione, per una donna al sud dovesse essere il matrimonio. Sognava altro e come poté andò alla scoperta di luoghi dove la creatività, la fantasia, i sogni potessero essere risorsa per la qualità della vita. A Milano frequentò il Jamaica, un caffè/bistrot, crocevia di artisti e intellettuali e si inserì subito negli ambienti culturali lombardi condividendone il fermento culturale congeniale alla sua indole curiosa e aperta alla dialettica. Conobbe Enzo Biagi, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini, Oreste Del Buono, Dino Buzzati, Renzo Renzi tanto per citarne alcuni. Incontrò Giorgio Strehler che allora cominciava l’avventura del “Piccolo Teatro”, il quale la invitò a frequentare corsi di recitazione e mimo. Strehler voleva facesse l’attrice, ma lei, dopo essersi esibita presentando “La voce umana” di Jean Cocteau, nonostante gli apprezzamenti, rifiutò quel percorso. Diceva: “Un’attrice vive di attese e di provini, deve sottostare alla dittatura dei registi!” Era uno spirito libero, una ribelle.

Chiara Samugheo con una delle sue fotocamere nella casa di Nizza.

Fu Pasquale Prunas, giornalista, grafico, illustratore, editore, (fondatore della rivista SUD alla quale collaboravano firme illustri come: Luigi Compagnone, Giuseppe Patroni Griffi, Raffaele La Capria, Ennio Mastrostefano, Anna Maria Ortese), divenuto in seguito il suo compagno di vita, a intuirne le potenzialità di fotogiornalista e, a regalarle una Contax, la sua prima fotocamera. E fu, proprio l’intellettuale di origine sarda a coinvolgerla nella realizzazione di una nuova rivista con molte foto e poche didascalie, sullo stile di Paris Match. Con questa testata giornalistica si proponevano di mediare tra la stampa colta e quella frivola. Nella città meneghina Chiara Samugheo ebbe l’opportunità di frequentare lo studio di Federico Patellani, fondatore dell’agenzia “Pat Photo Pictures” dal quale se ne distaccò obbedendo al bisogno di realizzare scatti che avessero carattere narrativo- immediato, attraverso i quali contribuire al miglioramento della società”. Tornò in Puglia nel 1954 dove realizzò il primo reportage fotografico sulle tarantolate di Galatina che uscì prima sul numero II/63 di LE ORE del 24 luglio e poi sul n IV/50 del gennaio 1955 di CINEMA NUOVO diretto da Guido Aristarco col quale condivideva l’idea della fotografia come strumento utile a sgretolare il muro che separa i giovani da un mondo migliore. È stata una donna difficile da gestire, a volte impulsiva, di forte temperamento, dai modi non proprio delicati e, forse dobbiamo proprio a quel suo carattere deciso se è riuscita a imporsi e farsi rispettare in un campo, quello della fotografia che, a quei tempi era considerato “professione maschile”.

Chiara Samugheo nella casa di Nizza mentre sfoglia il suo libro di foto dedicato a Federico Fellini.

Chiara Samugheo riusciva a coniugare sensibilità e creatività, passione e talento. Su CINEMA NUOVO uscirono altri fotodocumentari: “Le baraccopoli di Napoli”; “I Bambini di Napoli”; “Le Zingare in Carcere”. Con la macchina fotografica investigava e faceva dei giornali la vetrina di realtà nascoste, nella speranza che la gente potesse vedere e riflettere. Ci ha lasciato immagini fotografiche dall’indicibile asprezza sulla realtà italiana di quegli anni. Dagli anni cinquanta Chiara Samugheo è stata presente, un testimone della storia; era infatti a Trieste pronta a immortalare la sua liberazione. Era a Napoli a fotografare Padre Mario Borrelli. Era sempre in giro, instancabile protagonista di un fotogiornalismo di inchiesta e di denuncia. Riuscì a fotografare la taumaturga di Putignano.  Guido Aristarco la mandò a Venezia perché realizzasse un servizio fotografico sui costi della biennale, dove inevitabilmente, entrò in contatto con i protagonisti del mondo della celluloide dove, per ingannare il tempo, decise di immortalare le “Star del Cinema”. La sua foto che ritraeva l’attrice austriaca, Maria Schell, fu messa in copertina e, subito tutte le copie andarono a ruba. Gianni Amelio una volta disse: “Compravo le riviste di Cinema Nuovo per le foto di copertina della Samugheo”.  La fotogiornalista sapeva coinvolgere ogni soggetto attivamente, durante i servizi fotografici li rendeva protagonisti, complici giocosi, davanti all’obiettivo, e questo le permetteva di coglierli in “perfetta spontaneità”. Preferiva scattare lontano dai SET, lontano dalle luci artificiali; i ritratti dovevano essere semplici, il più puliti possibile e, quel che sembrava il frutto di un clic dettato dall’istinto era invece il frutto della professionalità, il risultato dell’esperienza con la quale valutava subito la luce che doveva delineare e valorizzare il ritratto; sapeva cosa cercavano le riviste patinate. Capì che la gente aveva bisogno di sognare e di proiettarsi tra stelle di carne e di ossa. I suoi divi non dovevano essere manichini, ma esseri umani, per questo, specie negli ultimi tempi era perplessa davanti all’appiattirsi, anzi imbruttirsi dei modelli degli adolescenti. Diceva: “La forza delle attrici è nella loro personalità, nel loro carattere che le fa uniche”. Chiara frequentava la casa di Fellini e insieme a Sordi si divertivano a burlarsi di Giulietta Masina. La “Dolce vita” in cui lei viveva non era evasione ma sogno collettivo.

Chiara Samugheo davanti al Centro Pompidou di Parigi.

Cartier Bresson andò a bussare alla sua porta, la voleva parte della Magnum, perché era rimasto affascinato dai suoi lavori e molte dive del cinema le chiedevano di divenire la loro fotografa personale, ma lei obbediva al suo bisogno di essere libera. Claudia Cardinale, disse di lei: “È un gatto selvatico come me!”. E Chiara, quando la Cardinale pensava di tornarsene in Marocco, dopo la bella parentesi veneziana, non ci pensò due volte a chiamare Moravia, perché insieme realizzassero qualcosa che la valorizzasse e le facesse cambiare idea. Come Pasquale Prunas, amava valorizzare i talenti, essere mentore per tanti. Per molti la Samugheo è semplicemente la fotografa delle dive, pochi conoscono il suo libro fotografico sul Carnevale di Rio; Il libro sui costumi della Sardegna; Il libro dal titolo: “Stoffa Azzurra” dedicato alle medaglie d’oro delle olimpiadi del 1984; Il testo dal titolo Lucca e la lucchesia; Vicenza e Palladio; Il lavoro sul cioccolato voluto dallo Svizzero Max Fechin, oppure “Le corti del Verde”, sulle masserie di Puglia con i testi di Pietro Marino. Senza dimenticare “Natura Magica della Sardegna. Tutti testi che sono un esempio dei suoi molteplici interessi Chiara non ha mai nascosto il segreto del successo dei suoi scatti, sapeva fare di necessità virtù. Aveva imparato a guardarsi attorno e a cercare nel paesaggio gli elementi naturali che potessero esaltarne il ritratto.

Daniela Ciriello con Chiara Samugheo

Diceva della Puglia: “È uno di quei luoghi dove la luce è pura magia”. E indicando i muri bianchi tra i vicoli dei nostri paesi, affermava: “Questi sono riflettori naturali” e poi osservando le cianche scure accanto a quelle bianche, diceva: “Bisogna imparare a cogliere i contrasti e le sfumature, bisogna guardarsi attorno e imparare a osservare la luce, i suoi riflessi, le sue scomposizioni, per realizzare foto che raccontano, anzi emozionano”.

13 Gennaio 2022

      

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