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Isabella d’Este. Storia di una donna esemplare simbolo di eleganza cultura e regalità

di Nicola Cristofaro

Ferrara 1474. Eleonora d’Aragona, moglie di Ercole I d’Este, mette al mondo Isabella che riceve una formazione eccellente, studiosa di latino e greco, cantante, musicista, esperta di ballo.

A 6 anni fu promessa in sposa a Francesco II Gonzaga, Marchese di Mantova. I fidanzatini si scambiavano lettere, poesie, sonetti. 

Isabella d'Este
Francesco II Gonzaga, Marchese di Mantova e Isabella

Il matrimonio avvenne a Mantova nel mese di febbraio 1490. Il ricevimento fu tra i più sontuosi del tempo. Nel Rinascimento, per consolidare il potere ed aumentare il patrimonio, si preferiva il matrimonio tra caste nobiliari, rispetto alle guerre di conquista. I ricevimenti erano appannaggio degli scalchisti, tra cui Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, originario di Piadena nel Marchesato di Mantova, filosofo del cibo (De Honesta voluptade et valetudine). Ma le corti si servivano anche degli esperti dei comportamenti, in cui principiava Baldassarre Castiglione che, nel Il Cortegiano, ha descritto il modello ideale della vita di corte. Nella Reggia vi è uno spazio denominato la Scalcheria del Palazzo Ducale.

Dopo tre anni dal matrimonio, nacque la primogenita, nel 1500 il primo figlio maschio, Federico, ne seguirono altri. Il marito divenne l’amante di Lucrezia Borgia, sua cognata, sessualmente molto più dotata, e molto più bella. (cronache dell’epoca!). Il marito Francesco venne imprigionato a Venezia, scarcerato nel 1510, morì di sifilide nel 1519. Durante la prigionia, Isabella prese il comando delle forze armate del marchesato. Elevò Mantova a Ducato, e suo figlio Ercole lo fece diventare Cardinale.

Dopo la morte del marito, colei che diventerà la più importante donna del Rinascimento, chiamata poi “Prima Donna”, governerà il piccolo e vulnerabile Stato, salvandolo via via dalle voraci mire dei potenti dell’epoca. L’amore per l’armonia e la bellezza le consentirono di mantenere l’indipendenza del Ducato nonostante i paventati fuochi incrociati dei francesi a Milano, la Repubblica di Venezia incombente, il rischio di un’intesa tra il Papa ed il re di Francia e infine l’ascesa del Valentino, Cesare Borgia, il crudele figlio di Alessandro VI. 

Isabella d’Este-opera del Tiziano

Conscia che il suo Stato non poteva competere con chi bramava impossessarsene, affina nuove armi. Accoglie artisti, intellettuali e studiosi, i migliori del suo tempo, e ne userà i lumi strategicamente. Si avvicendano o condividono la sua principesca ospitalità Andrea Mantegna, Giovanni Bellini, il Perugino, Lorenzo Costa, Correggio, G.Battista Guarino, Antonio Tebaldeo, i maestri Girolamo Sextula e Johannes Martin per la musica, Leon Battista Alberti, Raffaello, Tiziano e Giulio Romano le fece un ritratto, Leonardo dopo molte insistenze un disegno preparatorio,  ma a loro volta tutti diventavano suoi “ambasciatori”.  Ama riamata Mantova, la governa in assenza del marito, capitano d’arme, e poi da vedova come Reggente per il figlio Federico. In sintonia con la Corte dei Gonzaga  sensibile all’umanesimo più moderno, potrà coltivare le arti e la cultura. Grande stratega ottenne considerazione dai bellicosi potenti suoi contemporanei, come dimostra il fitto carteggio: papi, principi, re imperatori ma anche artisti e studiosi sono i suoi interlocutori, sempre garbata ma con una energia e una fermezza del tutto stupefacenti. Il suo studiolo si arricchisce di libri e di oggetti d’arte, dipinti è una grande collezionista e una grande committente,  ma la dovizia delle sua collezione è una manna per i suoi fini politici. 

Isabella d’ Este- opera di Giancristoforo Romano- Busto terracotta

Così  riuscirà a rimanere neutrale riacquistando anche la credibilità persino con Re Luigi dopo essersi troppo esposta a favore di Ludovico il Moro.  Grande psicologa, concedeva regali favori raffinatezze, e le sue cortigiane, vere e proprie agenti segreti, la seguirono devotissime nella politica che fece sua mediandola dal padre Ercole. 

Il suo “studiolo” nel Palazzo Ducale di Mantova, è stato decorato con allegorie di Mantegna, Perugino, Costa e Correggio. Parallelamente contattò i più importanti scultori e medaglisti del suo tempo, vale a dire Michelangelo, Pier Jacopo Alari Bonaccorsi (L’Antico),Gian Cristoforo Romano e Tullio Lombardo, e raccolto antica arte romana. Per quanto riguarda l’architettura, non potendo permettersi nuovi palazzi, commissionò architetti come Biagio Rossetti e Gian Battista Covo.

Nelle discipline umanistiche, Isabella era in contatto con Pietro Aretino, Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Baldassarre Castiglione, Mario Equicola, Gian Giorgio Trissino. In musica sponsorizzò i compositori Bartolomeo Trombicino e Marco Cara e suonava il liuto lei stessa. Insolitamente, impiegò le donne come cantanti professioniste alla sua corte, tra cui Giovanna Moreschi, moglie di Marchetto Cara.

Isabella d’Este Gonzaga

Isabella fu una leader nel campo della moda, ordinando l’abbigliamento più bello, tra cui pellicce, compresi i più recenti distillati di profumi, che lei stessa inventò ed inviò come regali. Il suo stile di vestire con cappello (“capigliara“) e pronunciate scollature vennero imitati in tutta Italia e alla corte francese.

Uno dei capolavori assoluti del più noto ceramista rinascimentale, Nicola d’Urbino, fu espressamente realizzato a Urbino per Isabella dietro richiesta della figlia Eleonora, nel 1524.

Divenuto maggiorenne il figlio (1521), la sua figura di donna di comando generò alcuni dissapori e maldicenze (il giovane era legato all’ amante Isabella Boschetti, non gradita a sua madre), tanto che Federico la estromise di fatto dalla vita politica di Mantova, negandole qualsiasi notizia che dall’esterno perveniva alla cancelleria. Fu forse questa la molla che spinse Isabella a allontanarsi dalla città per recarsi a Roma, nonostante la situazione politica tumultuosa. Nel 1527, infatti, fu testimone del Sacco di Roma e la sua dimora, palazzo Colonna, in cui aveva dato rifugio a circa 2000 persone, fu l’unico edificio in tutta la città a non essere saccheggiato dai Lanzichenecchi.

‘Oggi i suoi sagaci strumenti della strategia politica restano inutilizzati.  Questa è la sua eredità immateriale. La cultura sebbene sia più ricca e preziosa che mai, oggi è considerata una cenerentola, relegata com’è tra le cose ammuffite, inutili e comunque noiose, mentre l’ignoranza afferma le sue arroganti e incontrovertibili sicurezze. Perchè vox populi che cultura non renda? Niente di più falso! I suoi valori non solo migliorano la qualità della vita ma sono anche strategici ed economici come ci dimostra questa piccola coltissima donna.’  

Perché non raccogliere la sua importante eredità? È lì a portata di mano.

Educazione, armonia e cultura  più si usano più si moltiplicano.

24 gennaio 2021

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