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Rocket man: celebra il mito vivente di Elton John e offre un ritratto completo dell’artista britannico

di Romolo Ricapito 

Rocket Man, biografia per il cinema su Elton John, prodotta dallo stesso artista col marito David Furnish e diretta da Dexter Fletcher,  cineasta che produsse e co-diresse Bohemian Rhapsody, è un riuscito tentativo di celebrare un artista in vita.

Ciò potrebbe essere un limite per gli incassi, che infatti non stanno premiando l’opera come sarebbe giusto  e come è stato  invece per il film su Freddie Mercury.
Ma qui ci troviamo su un territorio più fertile, sia per trovate sceniche, che per una sceneggiatura molto curata e che sfrutta metafore, ma soprattutto inserti “surreali” che elevano ancora di più la qualità del tutto.
Va detto che, a parte i costumi e la confezione più in generale, l’interpretazione di Taron Egerton è da manuale, anche perché canta davvero bene i successi di Elton John. Da Your Song a Don’t Go Breaking My Heart, per citarne soltanto due.
Inoltre la prospettiva che descrive l’infanzia di Reginald Dwight (il vero nome del cantautore britannico) sfruttando un’iniziale seduta psicanalitica all’interno di un gruppo di auto-aiuto con  un Elton provato dal successo ma soprattutto dalle dipendenze (sesso, alcol, droghe) rende merito al personaggio in questione, del quale vengono spiegate le gravi storture familiari.
Un padre anaffettivo, ex trombettista della Royal Air Force, una madre leggera e superficiale. Una nonna amorosa che però non basta a colmare i traumi di un essere predisposto all’affetto, come tutti i bambini, ma che gli viene perlopiù negato.
Il riscatto è una straordinaria abilità pianistica e da compositore che darà modo a Elton di una svolta sociale ma soprattutto economica, epperò non sessuale.
La storia, fino agli anni Ottanta, verte ovviamente anche su un’omosessualità praticata ma non accettata, anche in famiglia.
Elton John venne associato nelle cronache  alla figura dello stravagante pianista Valentino Liberace, non soltanto in quanto entrambi gay, ma per i costumi fantasmagorici che indossava in scena.
La penetrazione della psicologia del personaggio è notevole ed empatica mentre è ben svolto anche il tema della collaborazione col paroliere storico Bernie Taupin, interpretato da Jamie Bell.
Nel cast si evidenzia per il  ruolo quasi tragicomico, Sheila Dwight, mamma di Elton, interpretata dalla duttile Bryce Dallas Howard mentre  la nonna (materna) è Gemma Jones.
Il film è costato 40 milioni di dollari e dispiace che nonostante i meriti (affonda, tranne che per l’interpretazione,  il sopravvalutatissimo Bohemian Rhapsody) non convinca un pubblico di massa ad accedere dove si proietta.
Questo perché il film sui Queen avendo ottenuto  un successo imprevisto e straordinario, ha spinto  la massa del pubblico a non essere invogliata nel  seguire le vicende di quello che agli occhi della maggior parte  delle persone che lo conoscono per la sua fama planetaria, è  oggi un tranquillo settantaduenne un po’ patetico con due figli maschi a carico e marito più giovane  al seguito.
Per entrare nel mito infatti bisogna essere deceduti, possibilmente in verde età.
A parte questa riflessione, Rocket man al di là del  genere è un film che anche i non appassionati di musica pop possono e devono vedere, perché fuori della biografia specifica, indaga temi comuni: il disagio familiare, l’abuso di sostanze stupefacenti, il tabù dell’omosessualità, il rapporto col denaro quando è troppo, la ricerca dell’affermazione personale col proprio talento quando si è degli  esclusi.
11 giugno 2019

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