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 Teatro-Monologhi: il troppo storpia.

 

 

di Romolo Ricapito

Vittorio Gasmann

Vanno diffondendosi sempre più in ambito teatrale gli spettacoli come i monologhi, attraverso i quali un solo attore, di solito per un’ora e un quarto, recita testi importanti oppure autobiografici senza interruzione di  sorta.

In maniera esagerata, queste rappresentazioni vengono definite degli one man show.
Ma mi sembra un termine adatto a spettacoli più ricchi, con lustrini, paillettes e ballerine, all’interno dei quali un attore, spesso comico, o brillante, intratteneva gli spettatori paganti i quali poi tornavano a casa soddisfatti dal brio e ritmo della proposta, che non risentiva della “solitudine” sul palcoscenico della star maschile.
Adesso tutti questi monologhi denunciano secondo me una crisi del teatro per risparmiare sugli allestimenti ma soprattutto alla lunga sono davvero noiosi.
Non è possibile seguire tutto con costanza e attenzione dall’inizio alla fine.
Spesso io, o altri, ci si ritrova a pensare ad altro mentre il fiume torrenziale delle parole pronunciate dall’unico interprete diventa insostenibile.
Per me i monologhi vanno bene soltanto se il soggetto di essi ha il carisma, che so, dello  scomparso Vittorio Gassman e di pochi altri attori anche viventi.
Ma non possono diventare un’epidemia anche perché il pubblico si stanca.
16 aprile 2019

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