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Tre Manifesti a Ebbing, Missouri: grazie alla sceneggiatura abile e sapiente, si prepara a spopolare agli Oscar

di Romolo Ricapito

Tre manifesti a Ebbing, Missouri è un film dalle tinte forti in divenire.

Già drammatico nel prologo diventa ( come un sasso gettato in acqua che genera nuovi cerchi  sulla superficie liquida) amplificato nelle sue tematiche di fondo, alle quali se ne aggiungono altre.
Il tutto però è distribuito equamente, ovvero il  personaggio della madre di Frances Mac Dormand, sardonico e impassibile, oltre che distaccato, nella sua rivalsa contro una piccola comunità indifferente al suo dramma, è una sorta di genius loci che crea  un affresco a trecento sessata gradi della provincia americana.
Infatti al carattere  della madre si abbina quello dello sceriffo della cittadina, Bill, interpretato da Woody Harrelson e quindi di conseguenza anche quello dell’agente Jason Dickson, che è Sam Rockwell, nei panni del violento picchiatore di gente di colore e non soltanto.
I tre manifestii sono quelli che Mildred (la Mac Dormand) fa allestire sopra dei grandi  cartelloni stradali appena fuori città.
Essi con poche parole denunciano il delitto irrisolto della figlia adolescente,  Angela,  stuprata e bruciata mentre era ancora viva da ignoti furfanti.
Secondo la denuncia pubblica, la polizia nei panni dell’agente Bill Willoughby non avrebbe fatto abbastanza per acchiappare il colpevole, o i colpevoli.
La sceneggiatura è ottima perché sposta l’attenzione di volta in volta in varie situazioni di appoggio che non riguardano soltanto i tre protagonisti, ma personaggi anche minori che però risultano  anch’essi  molto interessanti.
Tra questi, l’ex marito di Mildred, la sua fidanzata diciannovenne, la moglie dello sceriffo Bill, il nuovo comandante di colore del posto di polizia, un nano saggio che vende auto usate etc.
I dialoghi mostrano un’aderenza al soggetto e sono icastici, serrati, irriverenti e sboccati,  soprattutto per quanto riguarda Mildred, che è l’eroina del film.
Il suo personaggio sta a significare che di fronte a irreparabile ingiustizia la forza del singolo può fare molto.
Ovvero la sua disperazione, diventata creativa, per così dire, obbliga gli altri a una sorta di esame di coscienza. E a cambiare anche atteggiamenti di opposizione e  negatività che danneggiano soprattutto chi li fa.
Il dolore di Mildred diventa allora empatia pura con quello dello sceriffo Bill, condannato da un cancro al colon.
Ed è proprio Bill con delle lettere indirizzate a Mildred, alla  giovane moglie e all’agente Jason a dare forza  al film.
Queste lettere continuano a dirigere l’azione essendo la quintessenza della comprensione degli altri personaggi che soffrono in silenzio ognuno un proprio dramma personale.
L’abilità della sceneggiatura sta nel legare i tre manifesti simbolici ai tre protagonisti: anche Jason, il detective picchiatore, ha per così dire un’anima e stabilisce con Mildred e Bill una sorta di triade fondata sull’aiuto reciproco, sulla risoluzione dell’enigma ma, soprattutto, volta all’affrontare una realtà ostile e costruita ad arte dal destino per mettere i bastoni tra le ruote ai protagonisti.
La cittadina del Missouri rappresentata nel film è una sorte di concentrato d’America d’oggi, isolata e razzista, ma in fondo empatica e comprensiva dei drammi dei singoli.
Infatti il male è nascosto chissà dove e il finale aperto è un altro colpo di scena o di genio di chi l’ha scritto.
Ad averlo fatto è il regista stesso, Martin Mc Donagh.
Viene dal teatro (non a caso, Tre Manifesti oltre ad essere cinema allo  stato puro attinge nella sua drammaturgia al teatro d’essai) .
Dell’interpretazione della McDormand lodatissima all’ultima Mostra di Cinema di Venezia si è detto e scritto, all’unisono, che è magistrale.
Questo perché il suo registro alterna vari toni, dall’apparente distacco alla commozione, risultando pressoché perfetta.
Ma va detto che anche il personaggio interpretato da Harrelson è costruito alla grande, mentre quello dell’agente Jason offre forse le maggiori sfaccettature.
La pellicola ha ottenuto già prestigiosi riconoscimenti ai Golden Globe: miglior film drammatico, migliore attrice (Mc Dormand) migliore non protagonista (Rockwell) miglior sceneggiatura (McDonagh).
Adesso dunque è il favorito agli Oscar 2018.
15 gennaio 2018

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