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Grande successo al Petruzzelli di Bari per Sei Personaggi in Cerca d’Autore : buone idee, qualche eccesso, una rivisitazione cinematografica tra Woody Allen e gli Addams

 

di Romolo Ricapito

Al Teatro Petruzzelli di Bari il 4 e 5 gennaio “Sei Personaggi in Cerca d’Autore” di Luigi Pirandello, nuova produzione del Teatro Stabile di Napoli  per la regia di Luca De Fusco con Eros Pagni nel ruolo principale, quello del Padre.

Il regista ha voluto mettere in evidenza sul sotto-testo  scenico dei “sei personaggi” una loro provenienza dal mondo del cinema, per attualizzare le istanze e le particolarità dei caratteri, ispirandosi al film Broadway Danny Rose di Woody Allen.
Come si sa,  i “Sei” sgomitano per avere un ruolo sul palcoscenico, che è in fase di allestimento,  per  un altro dramma dello stesso Pirandello.
L’atmosfera svagata, mentre nel teatro si svolgono le “prove” con la compagnia di attori effettivi, è movimentata dall’ingresso dalla platea dei recitanti, ad esempio la signora col cappello a larghe falde e il cagnolino.
Trattasi  della Prima Attrice (Maria Basile Scarpetta).

 Ecco  Eros Pagni che arriva dal fondo del palco con una pre-proiezione filmata di lui stesso assieme agli   altri protagonisti :   rappresentazione di un insieme di figure meste,  schematiche  che rapidamente si appropriano dello spazio scenico. Con lui la Donna

Eros Pagni e Federica Granata

Velata, Federica Granata, la figliastra Gaia Aprea ,    il Figlio,  Gianluca Musiu, il Giovinetto, Silvia Brancalana  e una bambina che però è in realtà una bambola creata da Armando Alovisi.

La più attiva del gruppo è la figliastra che canta un brano di cabaret tedesco mostrando alla fine le terga.
Della Madre scopriamo che ella, vedova, in realtà non è una vera vedova e gli altri personaggi sono figli avuti da ambedue i mariti-compagni.
E’ evidente sin da subito come il veterano Eros Pagni sia superiore a tutti per esperienza, scansione delle parole, semplicità d’interpretazione ed elegante sobrietà.
A tenergli la scena, o  a rubargliela – va detto – è la figliastra, dunque l’attrice Aprea è stata alla fine la più applaudita dopo lo  stesso Pagni.
Le scene di proiezione cinematografica, ispirate  al muto anni Venti, coevo alla nascita della commedia pirandelliana ( del 1921) sono  una trovata scenica che premia questo allestimento per originalità e immediatezza, anche se come vedremo ciò forse non è bastato.
Nei dialoghi tra la Madre, Federica Granata, anche lei bravissima per gestualità dolente e partecipazione e il Padre scopriamo il classico Triangolo del quale abbiamo accennato.
Lo sfondo nero, la luce bianca che piomba dall’alto, svelano  una storia di solitudine e miseria.
Va detto che la mestizia generale è alleggerita  dal personaggio del capocomico, o del regista, Paolo Serra, che assieme agli altri della compagnia originaria commenta i discorsi degli invadenti Sei Personaggi.
I due figli maschi della famiglia non parlano; soltanto il più grande interagirà maggiormente nel finale, col volto illuminato di bianco, nello  svelare un mistero  che coinvolge tutti i “sei”.
 Viene ripreso nel corso del dramma l’approccio di quegli   attori che rientrano dalla platea, in opposizione agli automi decorativi, ossia gli antitetici Sei Personaggi.
Nel primo atto l’allestimento dà l’impressione di una certa freddezza, forse studiata e che si materializza pienamente nella riproposizione dell’intero contesto.
Parrebbe dunque una rappresentazione troppo funerea, ma va detto che il regista nel libretto di accompagnamento distribuito nel teatro ha chiarito che proprio durante l’allestimento di questa versione “è mancata  la madre di mia moglie Francesca ” (suocera)  ovvero la signora Letizia Bossiner Adilardi, “donna forte, solare dignitosa che mi è stata accanto con affetto per 34 anni  seguendo con apprensione l’alternarsi della mia carriera”.
Quanto questo lutto abbia influito sulla messinscena dei Sei personaggi non si sa, ma è visibile una accelerazione sul noir, per usare un linguaggio cinematografico caro al regista,  che è in corrispondenza con questa particolare versione .
Nella seconda parte emerge la lotta tra il vecchio teatro e quello nuovo che è in sé una critica alle regole scritte delle rappresentazioni classiche:  esse  impediscono alle nuove istanze culturali di emergere.
I cappelli delle signore appesi dal personaggio di  Eros Pagni all’attaccapanni, assieme ai mantelli, sono forse gli orpelli delle rappresentazioni pleonastiche e artificiose del passato.
Bellissimo l’ingresso di Madama Pace interpretata dalla bravissima Angela Pagano , una figura in nero, grottesca ammaliatrice e fumatrice che parla in spagnolo.
Ella in realtà è un’evocazione, personifica la teatralità pura.
A riemergere è il tema del doppio, dei protagonisti che verranno rappresentati da altri protagonisti, ovvero gli attori della compagnia, in un gioco di paragoni e differenziazioni che vivacizza il contesto.
E passa come contenuto anche quello  della verità e “della verità fino a un certo punto”, accennata quest’ultima dal capocomico.
Il dramma allora si mischia alla disamina di elementi tecnici che sono alla base di ogni rappresentazione teatrale.
Le musiche sono di  Ran Bagno mentre  Giacinto Palmarini è il Primo Attore.
Molti gli applausi finali.
Non ce ne voglia il regista ma nel finale con l’abbondare di  scene funeste da cinema   in bianco e nero e per le posture cinematografiche che poi si trasformano in azioni dal vivo, più che a Woody Allen mi è sembrato che De Fusco si sia ispirato alla Famiglia Addams nella rappresentazione  di questi  Sei Personaggi, ma anche al Ritorno degli Zombi.
5 gennaio 2018

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