Una famiglia di Sebastiano Riso: Il “mostro” del film, Patrick Bruel, da giovane era un cantante di disco-music Cinema 10 Ottobre 201712 Ottobre 2017 di Romolo Ricapito Una Famiglia, diretto da Sebastiano Riso, in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, col risultato di essersi attirato strali e critiche controproducenti che hanno influenzato la partecipazione del pubblico una volta che il film è stato proiettato nelle sale italiane, non si è riscattato neppure dopo la recente aggressione omofoba al regista. Ovvero, nemmeno in questo caso il clamore dell’increscioso evento ha incuriosito eventuali nuovi spettatori, che continuano a disertare le sale. Questa indifferenza è giustificata? Sebastiano Riso a Repubblica: Picchiato perché gay, non mi perdonano il film sull’utero in affitto. In realtà Una Famiglia è un ottimo film drammatico, ben gestito soprattutto dal regista catanese nella prima parte. L’interpretazione di Micaela Ramazzotti nel ruolo di Maria è stata lodata all’unisono mentre quella di Vincenzo (Patrick Bruel) più sottile, è altrettanto valida. La coppia passata alla storia nell’immaginario della cinematografia attuale come “quelli che vendevano i figli neonati a famiglie compiacenti” è qualcosa di più . Innanzitutto dei due non sappiamo niente. Vediamo però Maria è totalmente sottomessa a Vincenzo, che in realtà è Vincent (“sono nato vicino Parigi”). Ma il marito francese è un ossimoro vivente. Secondo Stella, un giovane personaggio di secondo piano epperò fondamentale per la storia, “Vincent ha gli occhi buoni”. Secondo il maturo regista gay interpretato da Ennio Fantastichini invece, il francese ha occhi inquietanti dallo sguardo perfido. Qual è la verità? Ovviamente dietro il personaggio odioso si nascondono misteri infiniti ma un barlume se non di salvezza di riscatto si nasconde all’interno del “Mostro” ed è questa una delle cose più inquietanti del film. Maria invece si rivela, pur nell’ambiguità della situazione, una madre-coraggio. Incapace di ribellarsi al marito padrone tenta comunque di giocare le sue carte fino alla fine. Così questo personaggio rappresenta la quintessenza della sofferenza delle donne abusate, violentate, eterodirette da partner squallidi e sfruttatori. Al di là dell’impianto intelligente, il film nella seconda parte concentra un eccesso di drammaturgia che lo rende più simile a una tragedia greca che a un film. Il parto sconvolgente della Ramazzotti e susseguentemente il pianto continuo, esasperato e terribile del neonato “sottratto” rendono le scene insopportabili per lo spettatore medio e inoltre questo calcare la mano di Sebastiano Riso su situazioni-limite già descritte ha causato il dissenso generale dei critici. Di più: l’associazione spontanea tra il neonato di Una Famiglia e quello del film statunitense Mother! entrambi vittime di perfidia rende addirittura la seconda pellicola più “leggera”, nonostante la sua crudità ( il neonato sacrificato e mangiato da una folla di esaltati) mentre il neonato messo in scena da Sebastiano Riso diventa l’epitome di una sofferenza mal gestita (e non necessaria) nei contenuti. Patrick Bruel Infine la coppia di teatranti gay che vogliono adottare il piccolo, assurdamente invece di portare acqua al mulino della causa di Sebastiano Riso (l’adottabilità di neonati in maniera legale da parte di coppie gay) incredibilmente genera il dissenso, non per ragioni di omofobia, ma perché gli omosessuali descritti dal regista (che è anche tra gli autori della sceneggiatura) sono una coppia egoista e viziata che vorrebbe un figlio unicamente per scopi narcisistici. La frase pronunciata da Fantastichini nel rifiuto del neonato, perché malato, cioè “non potrei sopportare la morte di un figlio tanto voluto alla mia età” svela come le adozioni in questo caso non siano opportune per soddisfare tali influenze megalomani. . Da rilevare come Patrick Bruel sia un cantante molto apprezzato in patria . A 25 anni un Bruel imberbe e ragazzino afferrò il primo successo con Marre de cette nana, un brano di disco-music.