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Charlotte Brontë: intervista esclusiva alla professoressa Maddalena De Leo, tra le massime esperte europee della famosa scrittrice.

“La scrittrice vittoriana a duecento anni dalla nascita omaggiata anche in italia: presto un convegno a Bitonto”gettyimages-3170993

di Romolo Ricapito
Perché la prosa raffinata di Charlotte Brontë  è ancora così attuale e affascina nel 2016 lettori e lettrici di tutto il mondo?
Maddalena De Leo
Maddalena De Leo

Dopo un attento esame dei suoi testi abbiamo voluto confrontarci con la professoressa Maddalena De Leo che è anche  una delle sue traduttrici e tiene a valorizzarne scritti inediti in Italia, avendo curato la pubblicazione di tre racconti adolescenziali della letterata.

 –Professoressa, vogliamo fare un primo bilancio in occasione del bicentenario dalla nascita di Charlotte Brontë e delle varie iniziative che lo stanno ancora accompagnando?

In qualità di studiosa e rappresentante italiana della Brontë Society devo dire che questo 2016, anno del bicentenario della nascita di Charlotte Brontë, ha visto nel nostro Paese un autentico e assolutamente insperato rialzo di interesse nei suoi confronti: io studio quest’autrice e le sue sorelle ormai da molti decenni ma mai avevo visto tanta attenzione verso di loro. In particolare, il mese di aprile è stato il più denso di avvenimenti in onore di Charlotte, con un convegno a Napoli, organizzato proprio il giorno 21 presso la Biblioteca Nazionale e un altro a Bronte in Sicilia. In quei giorni sono stata contattata da RaiRadio 2 e RaiRadio 3 per parlare di Charlotte in diretta e nel resto della primavera in tutto il Paese si sono tenute ulteriori iniziative di lettura e di riflessione sui suoi romanzi da parte di librerie e gruppi di giovani appassionate brontëane. E’ previsto a Bitonto, in Puglia, per i primi di novembre ancora un incontro di questo tipo. Per non parlare delle pubblicazioni, spuntate come funghi, alcune opportune e altre no, tutte però finalizzate ad attirare, dopo lungo silenzio, l’interesse verso la produzione minore di questa autrice inglese tralasciata da lungo tempo in Italia.

 

– In Italia diverse case editrici hanno ripubblicato i romanzi Villette, Shirley e Il Professore, quest’ultimo fu il primo scritto da Charlotte Brontë: in libreria risultavano da anni irreperibili.

Quali le eventuali ragioni per rivalutare tutti e tre i testi?

 

Come dicevo, questi romanzi di Charlotte hanno visto improvvisamente delle ristampe e in qualche caso nuove traduzioni e ciò perché, visto l’ interesse di tante lettrici neofite, alcune case editrici hanno pensato che risultava utile sfruttare economicamente questo momento d’oro di Charlotte Brontë facendo soprattutto leva sul bicentenario. Le precedenti edizioni dei suoi romanzi poco conosciuti risalivano ad una ventina di anni fa ed erano a mio parere eccellenti, mentre quelle attuali in alcuni casi lasciano a desiderare. Personalmente traduco da decenni la prosa di Charlotte ma la mia difficoltà più grande con gli editori italiani è stata sempre quella di farne capire la valenza come scrittrice, soprattutto per quanto riguarda i suoi scritti minori. Attraverso la ristampa di questi romanzi di Charlotte, una folta schiera di giovani lettrici – non necessariamente studentesse universitarie, e perché no, anche lettori – ha ‘scoperto’ per la prima volta in Italia Shirley e soprattutto il sempre ingiustamente trascurato Villette, e questo è un fatto molto positivo. Anche Il professore ha finalmente avuto, in questa logica, il suo giusto riconoscimento.  

 

Una immagine del film diretto da Franco Zeffirelli, Jane Eyre,, tratto dal grande romanzo della Bronte
Una immagine del film diretto da Franco Zeffirelli, Jane Eyre,, tratto dal grande romanzo della Bronte

– Jane Eyre è uno dei romanzi più letti e di successo di tutti  tempi. La sua fama è meritata? E’ esso, infine, superiore come qualità agli altri romanzi, già citati?

 

Direi di si, Jane Eyre è stato e rimane il capolavoro indiscusso di Charlotte Brontë, un autentico best-seller la cui qualità è raramente possibile eguagliare anche da parte dello stesso autore – in questo caso l’autrice –  che lo ha scritto. Lo testimonia il successo incredibile che lo ha accompagnato da sempre in Gran Bretagna e nel mondo e il fatto che non sia mai uscito fuori stampa dal 1847, anno della sua pubblicazione. Rimane sempre attuale per le tematiche trattate, per la storia coinvolgente e per il carattere indomito della protagonista. E’ la lettura primaria che da sempre consiglio a i miei alunni, soprattutto alle ragazze, perché soprattutto traccia un percorso per la formazione del carattere contro le avversità della vita. Per molti aspetti però Villette assolutamente non ne è da meno, perchè alcune sue pagine assumono valori altissimi di drammaticità, superando forse per alcuni aspetti persino lo stesso Jane Eyre.

 

-Esistevano  già all’epoca logiche editoriali commerciali? Trovo bellissimo “Il Professore”, scritto in prima persona maschile. Cosa impedì che fosse pubblicato quando C.B era ancora in vita?

Si, a metà Ottocento esistevano già delle regole editoriali. Un romanzo, per essere considerato tale doveva essere formato da tre volumi, e purtroppo Il professore si presentava in un solo volume, quindi troppo esile per essere pubblicato ‘a solo’, ragion per cui fu rifiutato per ben sette volte dagli editori. Fu pubblicato infatti solo dopo due anni dalla morte di Charlotte e con il permesso del marito dietro specifica richiesta di Mrs. Gaskell che stava scrivendo la biografia dell’autrice. Da tener presente che anche Cime Tempestose di Emily era più breve di quanto imposto dalla regola editoriale, solo due volumi, e Agnes Grey di Anne, era anch’esso costituito da un solo volume, ma nel loro caso il sedicente editore Newby accorpò i due romanzi facendoli apparire insieme nel 1847 in un unico triplice volume. In più, il protagonista maschile de Il professore non convinceva molto, e anche se l’autrice era ancora abilmente celata dietro uno pseudonimo che non ne svelava l’identità, chi ne lesse le vicende nella redazione editoriale dovè trovare quel professore alquanto ‘effemminato’ come uomo e di conseguenza non molto credibile.

 

copertina di "Storie di geni e di fate"
Copertina di “Storie di Geni e di Fate”

– La pubblicazione dei tre racconti adolescenziali di Charlotte da lei tradotti nel volume Storie di Geni e di Fate : quale l’importanza rivestita dai essi all’interno della narrativa dell’autrice?  

 

I brevi racconti che ho tradotto in Storie di geni e di Fate sono solo una piccolissima parte della vastissima produzione adolescenziale di Charlotte, di cui mi interesso specificamente e che traduco ormai da molti anni. Sono cioè il preludio di quegli scritti che vanno sotto il nome di Angria, redatti spesso a quattro mani con il fratello Branwell con il quale negli anni giovanili la scrittrice aveva una particolare sintonia. Ne ho tradotti e pubblicati in passato molti (vedi All’Hotel Stancliffe e altri racconti giovanili, Ripostes 2004) mentre alcuni altri, veri e propri racconti non sempre brevi, sono di prossima uscita per questo fine 2016 o per l’inizio dell’anno nuovo. Il ciclo di Angria riveste un’ importanza grandissima nella produzione di Charlotte perché è il suo apprendistato nell’arte e nella tecnica della scrittura. L’invenzione di una intricatissima saga costituita da nobili dame e signorotti spesso libertini, l’abile descrizione delle loro vicende amorose e del loro carattere servì ad affinare nel tempo le sue doti di scrittrice perché attraverso esse Charlotte potè incanalare le proprie ‘sconvolgenti’ idee e trasformarle in prosa, sentendosi libera di poterlo fare senza la censura di altri lettori al di là del fratello e delle sorelle. Come succede per tutti i grandi della letteratura, autori non ci si improvvisa, e l’esperienza regressa è il valore intrinseco del successo.

 

Ancora una immagine di Charlotte
Una immagine di Charlotte

– Secondo una biografia di recente pubblicata in Italia, alcuni studiosi di Charlotte Brontë reputano che ella traesse la più genuina  ispirazione dallo stato “virginale” forzato, ovvero da una sorta di auto-impedimento ad  avviare relazioni sentimentali e conseguentemente rapporti sessuali. Infatti dopo il matrimonio Charlotte smise di scrivere…

 

Non è precisamente così perché secondo me i pareri suggeriti dalle biografie spesso devono essere filtrati e non accettati ‘tout court’. Soprattutto bisognerebbe guardare alla credibilità degli studiosi e alla qualità delle biografie senza fare di tutt’erba un fascio e quella a cui ci si riferisce non è certo reputata fra le migliori nel mondo anglosassone. Ritengo che l’ispirazione di Charlotte nascesse dalla sua fervida fantasia, e la prova è che la sua scrittura ebbe inizio, come ho detto poc’anzi, negli anni lontani della pre-adolescenza, quando ancora la giovane Charlotte stava per affacciarsi alla vita e di certo non si poneva problemi di tipo ‘sessuale’ che la riguardassero in prima persona. Il suo genio potè eventualmente risentire della solitudine a cui andò incontro negli anni della giovinezza e della maturità, ma comunque il dono dell’immaginazione non l’abbandonò mai. A parer mio dopo il matrimonio non scrisse nulla di cui conosciamo l’esistenza (il marito potrebbe anche aver distrutto ogni eventuale suo manoscritto dell’ultimo periodo) perché troppo impegnata a scoprire le gioie del matrimonio. Di sicuro se la morte non l’avesse sottratta ai suoi lettori, Charlotte dopo qualche anno avrebbe ripreso quell’esercizio della mente e della mano che era un tutt’uno con la sua vita.

 

-E’ vero che Charlotte soffriva di rivalità nei confronti di Anne, più giovane di quattro anni? Perché stroncò un suo romanzo?

Non credo che si possa parlare di una rivalità da parte di Charlotte nei confronti della sorella minore, alla quale invece era molto legata. In famiglia si tendeva a proteggere Anne in quanto ritenuta più piccola e bisognosa di attenzioni, anche se era stato da lei ampiamente dimostrato che sapeva cavarsela da sola sopportando meglio delle altre due la triste vita da istitutrice: laddove Charlotte e Emily avevano rinunciato, non riuscendo a subire ordini dalle famiglie in cui per guadagnarsi da vivere avevano iniziato a lavorare in quel ruolo, Anne aveva persistito pazientemente per anni rimanendo quasi sempre con gli stessi datori di lavoro. Il parere negativo di Charlotte nei confronti del secondo romanzo di Anne, The Tenant of Wildfell Hall, anch’esso oggi riproposto quasi ossessivamente da ben due case editrici italiane dopo anni di oblìo e con vari titoli, confluiti definitivamente ne L’inquilina di Wildfell Hall, si deve al fatto che il romanzo affrontava una tematica scottante, quella dell’alcolismo, problema penoso vissuto di riflesso in prima persona da tutti i componenti della famiglia Brontë a causa del vizio del bere a cui si era dato Branwell. A causa del progressivo lasciarsi andare del fratello e assistendo di giorno in giorno al suo annullamento mentale e fisico, Anne volle riproporne la vicenda come insegnamento ed esempio da non seguire. All’epoca parlare di alcolismo biasimandone gli effetti era argomento assolutamente proibito e di conseguenza Charlotte dovè condannare il romanzo di Anne e soprattutto la sua tematica (lo definì ‘tutto un errore’) per ‘salvaguardarla’ da accuse poco appropriate. Oggi invece è proprio la trattazione di questo problema e il coraggio avuto dalla minore delle Brontë nell’affrontare in tempi come quelli il problema dell’alcolismo ed anche il tema della separazione di una donna dal marito violento, che rendono questa sua seconda opera quanto mai moderna.

– Il rapporto con Emily: che posto occupò nella vita di Charlotte?  

E in che cosa le poesie e il romanzo Cime Tempestose si differenziano dalla narrativa della sorella ?

 

Come Charlotte ebbe a dire in alcune lettere, la sorella Emily fu la persona forse più importante della sua vita, e comunque colei che ne occupò il ruolo principale. Pur avvertendo le profonde differenze caratteriali che le separavano, Charlotte riconosceva la superiorità mentale della sorella, giustificandone gli atteggiamenti di introversione e di apparente alterigia e provando per lei un profondo affetto oltre che una grandissima stima per il suo intelletto. Tentò di ritrarla in Shirley immaginando come sarebbe stata Emily se collocata in un contesto ricco e privo delle preoccupazioni quotidiane, ma le lasciò intatto quel carattere mascolino e ferreo che era la sua vera prerogativa. A dire di Charlotte, la morte di Emily fu una dei momenti di maggiore sofferenza della sua vita. Le poesie di Emily e il suo particolarissimo romanzo Cime Tempestose  sono la voce stessa della loro autrice e di lei portano impresse quel carattere selvaggio e allo stato brado che li contraddistingue, aspetti particolari per i quali Emily fu conosciuta dai contemporanei e con i quali ancora ci viene raffigurata e tramandata. La sua narrativa è molto diversa da quella di Charlotte che è invece sempre misurata e in un certo senso ragionata, architettonicamente strutturata e ricercata nel lessico. Anche quando descrivono la brughiera, e ciò capita spesso nei loro rispettivi romanzi, le due sorelle hanno un’impostazione di base e un approccio diversi, perché se Charlotte ne parla pensando al punto di vista del lettore e quindi in un certo senso se ne estrania, Emily vive invece in prima persona la descrizione di quel paesaggio perchè lo sente profondamente suo e ogni singolo aspetto o elemento di esso viene da lei minutamente analizzato e studiato in tutti i possibili particolari.

 

– Charlotte scrisse moltissime lettere al professor Héger, conosciuto durante la sua permanenza a Bruxelles.   Monsieur Héger era sposato, nonostante ciò la Brontë lo tempestava di corrispondenza.

Come diremmo oggi, Charlotte Bronte era forse  una stalker?

 

Charlotte Bronte
Charlotte Bronte, il suo fascino era nello sguardo

No, povera Charlotte, non era affatto una stalker, e che tristezza sentire questo accostamento! Era semplicemente una donna innamorata e purtroppo consapevole di nutrire un amore senza speranza visto che Héger era sposato con figli e, da buon cattolico cristiano, affatto disposto a lasciare la propria famiglia anche se solo avesse provato una minima attrazione per l’allieva inglese. A onor del vero Charlotte non lo tempestò di lettere, in un primo momento gli inviò solo quelle che le servivano per continuare a praticare la lingua francese, e alle quali lui talvolta rispose, anche se del carteggio si sono perse le tracce. Dopo qualche mese di lontananza però il sentimento di Charlotte nei confronti del professore cominciò evidentemente a trasparire da quanto gli scriveva e fu a quel punto che lui le impose un veto, dicendole che avrebbe dovuto inviargli solo una lettera ogni sei mesi. Purtroppo anche così lui non rispose affatto, sicuramente ammonito dalla gelosa moglie o perché poco interessato alle implorazioni dell’ex-allieva. Sta di fatto che le quattro lettere di Charlotte a noi pervenute, quelle traboccanti di sentimento e in cui è più che evidente la sua disperazione per il silenzio di lui, sono degli autentici capolavori. Nel 2013, a cento anni dalla loro donazione alla nazione inglese da parte degli eredi di Hèger, sono riuscita a vederle di persona presso la British Library di Londra, cosa affatto facile per via delle necessarie autorizzazioni, ed è stata per me che sono studiosa e appassionata brontëana da sempre un’emozione davvero indimenticabile.

-Pare che Charlotte fosse molto corteggiata, nonostante la sua bassa statura e l’aspetto esteriore modesto.  Si è scritto  anche che le  mancassero diversi denti. Corrisponde al vero il fatto che cedette alla paziente e incessante corte di Arthur Bell NIchols, curato del padre, soltanto perché l’aiutasse ad accudire l’anziano genitore, Patrick Brontë?

 

Charlotte non poteva vantare alcuna bellezza esteriore, anche se il suo fascino, a quanto ci viene tramandato, fosse tutto nello sguardo, ma suo malgrado ebbe diverse proposte di matrimonio che puntualmente rifiutò  per mancanza di interesse nei pretendenti. Accettò, dopo diversi tentennamenti, la proposta di Nicholls non perché lo vide come ipotetico aiuto nell’accudimento dell’anziano genitore, ma soprattutto perché negli ultimi anni della sua vita, malgrado il successo e soprattutto a seguito della morte delle sorelle, si sentiva pateticamente molto sola. Il vuoto della canonica le era divenuto insopportabile e a quel punto non si aspettava più nulla dalla vita: la passionalità nell’amore, di cui si era fatta portavoce attraverso la sua eroina più famosa, era ormai una lontana chimera. Non dimentichiamo peraltro che il reverendo Brontë fu molto contrario e non approvò affatto l’eventuale matrimonio della figlia ormai divenuta famosa con il suo curato e che Charlotte, per la salute mentale del padre, fu costretta in un primo momento, a rinunciare alla proposta di Nicholls. Fu solo la dedizione che riconobbe in lui nei suoi confronti a farla ricredere e pur rassegnandosi alle decisioni prese da Charlotte, il reverendo non volle accompagnare la figlia all’altare.

 

Haworth,villaggio di Charlotte Brontë
Haworth,villaggio di Charlotte Brontë

– Il villaggio di Haworth com’era allora nel 1800 e come è oggi.

All’epoca delle Brontë non esisteva un sistema di fogne e il ristagno di acque malsane aumentava il rischio di tifo e infezioni…Cosa è cambiato? Il villaggio è ancora  selvaggio come quando le celebri sorelle vagavano nella brughiera?    

 

Assolutamente no, il villaggio oggi è uno dei luoghi turistici più frequentati, oserei dire, del mondo. Milioni di turisti vi si recano ogni anno per omaggiare le Brontë e, di conseguenza, il villaggio abbonda di pubs, sale da tè e di negozietti ricchi di oggetti graziosissimi, libri e souvenirs che sono la gioia dei tanti turisti. Mi reco quasi ogni anno a Haworth, che considero il mio villaggio d’elezione e dal lontano 1983, anno in cui lo visitai la prima volta, ho visto cambiare tante cose. Ricordo che durante quel mio primo soggiorno gli abitanti di Haworth erano ancora un po’ rurali e poco ospitali con gli estranei proprio come ce li descrive Emily nel suo romanzo; addirittura non capivano me che parlavo inglese perché conoscevano solo il loro dialetto dello Yorkshire, per non parlare dei modi poco socievoli e spesso scontrosi degli allora proprietari dei b&B o dei pubs. Nel tempo ho visto cambiare tante cose, l’incremento del turismo e la globalizzazione anche lì hanno operato miracoli, e addirittura sul finire degli anni ‘2000 con mio sommo disappunto vidi apparire sulla strada principale di Haworth negozi di tutti i tipi, addirittura anche quelli per cani, che poco o nulla avevano a che fare con le Brontë. Era come se la compagine commerciale del paesino volesse separarsi dal nome della famiglia che ne aveva decretato la fama a livello mondiale. Devo dire però che fortunatamente questo infausto fenomeno negli ultimi anni è rientrato e il villaggio è tornato ad impossessarsi della propria grande eredità letteraria, lavorando in sinergia con i negozianti e con l’ente del turismo locale. Durante il mio recente soggiorno estivo 2016 ho avuto modo di apprezzare questo nuovo aspetto della situazione notando soprattutto i modi gentili delle persone che gestivano negozi e alberghi, anche se nostalgicamente un po’ rimpiango quella che doveva essere stato il grezzo modo di vivere della Haworth dell’Ottocento.

 

-Infine Branwell Brontë, l’unico fratello. E’ vero che egli costituiva l’alter ego maschile di Charlotte? Il giovane, scomparso a soli 31 anni, era un artista (pittore, poeta) di qualche talento?

 

Come ho già anticipato poc’anzi, durante l’infanzia e soprattutto nell’adolescenza il rapporto che legò Charlotte a Branwell fu strettissimo; avendo un solo anno di differenza, i due fratelli furono molto legati e si alternarono nella descrizione del mondo di fantasia da ambedue creato e denominato Angria, contro quello delle due altre sorelle, il mondo di Gondal, che invece correva su binari diversi e separati. La collaborazione di Charlotte e Branwell non s’interruppe nemmeno quando Charlotte tredicenne fu mandata alla scuola di Roe Head, in quanto ognuno dei due fratelli scriveva le vicende del ciclo in modo separato per poi leggerle e analizzarle insieme una volta ritornati a casa nel periodo natalizio. A differenza di Charlotte, che già imbastiva storie d’amore, Branwell però scriveva di guerre e di battaglie, per cui la sua prosa ad oggi rimane sterile, alquanto noiosa e quasi per nulla conosciuta. C’è da dire invece che Branwell, potenziale pittore di talento, scrisse molte poesie di cui vide anche la pubblicazione nei giornali del tempo: era a pieno titolo il più promettente della famiglia. Purtroppo tutto in lui rimase a livello potenziale perché la sua condanna fu per tutta la vita quella di non riuscire mai a portare nulla al termine: iniziò un romanzo rimasto poi incompiuto dal titolo And the Weary are at Rest, tradusse in inglese, anche con perizia, alcune Odi di Orazio, scrisse alcuni racconti e un certo numero di poesie. Aveva anche delle attitudini particolari perché in quanto ambidestro riusciva a scrivere due documenti simultaneamente. Sembra inoltre che nel momento estremo si intestardì a voler essere sorretto da chi gli stava vicino per poter morire in piedi. Un genio incompreso, insomma, che come ebbe a dire la sorella Charlotte, ‘sprecò inutilmente la sua vita’.

 

5 thoughts on “Charlotte Brontë: intervista esclusiva alla professoressa Maddalena De Leo, tra le massime esperte europee della famosa scrittrice.

  1. Complimenti alla professoressa De Leo che, con la sua passione e la sua competenza, stimola il desiderio per la lettura e l’approfondimento culturale.

  2. Che la verginità costretta possa ispirare romanzi d’arte è cosa che farebbe ridere pure il povero Freud. Charlotte fu sposata per poco più di un anno , e tuttavia, contento o no il marito, aveva iniziato un nuovo romanzo. Quello che non si riesce molto a comprendere è il valore di “Villette” opaco riepilogo di un” autobiografico vissuto” che aveva saputo creare un appassionante spazio nel suo indimenticato-indimenticabile capolavoro. Non meraviglia che Villette sia piaciuto tanto ad un George Lewes che apprezzava tanto la Austen perché” priva-nella sua opera e forse nella vita- di “sentiment and poetry.

    1. a me Villette piace e lo considero un autentico capolavoro. E’ un libro assieme intimista e visionario che mi ricorda per l’io narrante -in certi passaggi- di Alla Ricerca del Tempo Perduto. Che poi possa essere una rielaborazione della biografia dell’autrice poco mi interessa, giacchè è pura arte.

    2. Prima di tutto bisogna precisare che Charlotte fu sposata per soli nove mesi e che l’ ultimo suo scritto, i due primi capitoli di un nuovo romanzo, comunemente conosciuti con il nome di ‘Emma’, furono da lei scritti comunque prima del matrimonio. Chiarito cio’, mi chiedo come possa essere messa in discussione la grandezza letteraria di un capolavoro come Villette in cui si anticipano di ben cinquant’ anni l’ introspezione psicologica e il discorso interiore tipici del Novecento (vedi Woolf e Joyce). Villette parte come ‘ biografico vissuto” ma non e’ affatto solo questo e men che mai e’ opaco perche’, attraverso le riflessioni sulla solitudine – universale e non meramente virginale – la fatalita’ della vita (vedi epilogo e cap. riferito a Miss Marchmont), la considerazione dei canoni artistici universali e la volatilita’ dell’ amore, che sia quello di una Ginevra o di un Graham Bretton, in esso romanzo si affrontano temi universali e piu’ che mai in avanti rispetto ai tempi in cui fu scritto. Il fatto che la sua autrice abbia attinto alla propria esperienza di vita non puo’ essere che un arricchimento nella descrizione realistica di una solitudine non solo pensata ma provata all’ estremo sulla propria pelle. Si potrebbe parlare di cio’ per ore ma preferisco concludere qui.

  3. Gentile Signora, mi domando come non possa essere messa in discussione il valore di un rromanzo come Villette. Anticipare di 50 anni” l’introspezione psicologica e il discorso interiore tipici del ‘900 ovvero di un’ideologia che trova anche in Wolf e Joyce esponenti di spicco è assai riduttivo L’enorme misura di inaccettabile che costituisce il nucleo di ogni vita è narrato in pienezza nei precedenti romanzi. e nella sua splendida autobiografia, le sue lettere; si snoda un vissuto che ,esposto alla lettera e col ritmo concesso dalla sapienza del destino, è capace di appassionare molto di più .Rammenta cosa dice ad Ellen riguardo alla sua impossibilità di accettare come marito un James Taylor , od un pastore d’anime come il fratello di lei? O le lettere inviate a monsieur Héger e quelle a George Smith, ed altro ancora..Non la verginità alimenta il genio, ma il genio,può in certe donne di notevole e appassionata elevatezza spirituale, sacrificare l’amore che non corrisponda all’anima. Ogni work of art per essere tale, affronta da sempre i temi universali che lei cita . Jane Eyre è donna la cui femminilità valica ,senza certo emarginarle, le rivendicazioni che diritto può concedere: Una femminilità che è dono di natura, da sempre inesorabilmente aristocratica. Quanto all’introspettivo Joyce, qualcuno disse che apparterrebbero alla letteratura solo i libri che possono esser letti due volte. Io non so se qualcuno ha letto per intero l’Ulisse ma se lo ha fatto sono certa che non ha ripetuto l’impresa. Forse un C.G. Jung espertissimo di introspezione, che trasse,da psicoanalista, ma non certo per vendetta, diagnosi funeste sullo scrittore. Gli scritti della Wolf sono apprezzabili:, commovente è la vicenda della geniale sorella di Shakespeare, forse se fosse nata

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