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L’estate di John Wayne di Raphael Gualazzi spopola ma non convince

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di Romolo Ricapito

 

 

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Trovo davvero brutta la canzone L’Estate di John Wayne, portata al successo da Raphael Gualazzi, che comunque spopola in radio dall’estate, Se n’è parlato anche al Tg2 delle 13.

I motivi delle mia critica risiedono innanzitutto non soltanto nello  sgradimento della  voce dell’interprete, in falsetto, che risulta ibrida,  ma anche per il fatto che Gualazzi si è buttato su un genere fintamente nazionalpopolare per arginare quella sorta di raffinatezza degli esordi che può non piacere a tutti.
Il brano “incriminato” ha un testo decisamente falso e falsato sulla nostalgia del  passato, che viene riproposto in maniera idealistica e spoglia per   una sorta di captatio benevolentiae.
Secondo me si scimmiotta il Battiato del 33 giri da un milione di copie La Voce del Padrone, inizio anni Ottanta.
La canzone ne cita un’altra molto famosa, “Figli delle Stelle ” (1977)  del bravo Alan Sorrenti che fa tanto vintage a buon mercato.
Viene riesumato il John Travolta ballerino, retaggio questo sempre del 1977, anno nel quale appunto spopolava  l’attore di Grease e La Febbre del Sabato Sera,  mentre adesso Travolta ormai grasso è improponibile almeno come danzatore.
Infine si cita il Disco per  l’Estate, manifestazione canora  cara a padri e nonni, ma sconosciuta ai giovani e la banana di Andy Warhol, frutto che campeggiava sulla copertina di un  celebre disco rock.
Trovo che questo  enfatizzare il passato soltanto in alcuni suoi specifici aspetti sia quanto di più sterile e pericoloso esista, in quanto si captano simbologie affascinanti, per contrastare un ipotetico presente invivibile.
Degli anni Settanta sono stati scelti pochi simboli; il finale  “stasera ho voglia di cantare, di gridare, di ballare in riva al mare” è davvero qualunquistico . Da preferire il testo di qualsiasi canzone dei Ricchi e Poveri come più sincero, meno banale e addirittura più culturale.
29 settembre 2016

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