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FRANCESCO COSSIGA: UN COLPO AL PICCONE L’ALTRO ALL’IPOCRISIA

di Cosimo ImbimboFrancesco Cossiga (Sassari, 26 luglio 1928 – Roma, 17 agosto 2010) è stato un politico, giurista e docente italiano, ottavo presidente della Repubblica dal 1985 al 1992 quando assunse, di diritto, l’ufficio di senatore a vita. Ai sensi del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2001, ha potuto fregiarsi del titolo di presidente emerito della Repubblica Italiana. Il mito del Picconatore nacque anche sull’onda emotiva di due scandali che hanno segnato la vita politica italiana all’inizio degli anni Novanta: Gladio e Tangentopoli. La scoperta dell’organizzazione segreta della Nato, creata per rispondere ad un eventuale attacco portato dall’Unione Sovietica, colpì l’opinione pubblica e la classe politica italiana.E Cossiga assunse una posizione che fu all’origine di fortissime polemiche, difendendo i ‘gladiatori e sostenendo che essi andavano onorati come i partigiani perchè il loro obiettivo era quello di difendere l’indipendenza e la democrazia in Italia.

Francesco Cossiga e Giulio Andreotti
Francesco Cossiga e Giulio Andreotti

Uomo dei misteri e disvelatore degli stessi (fu il primo a parlare di Gladio, organizzazione paramilitare filoamericana istituita in Italia semiufficialmente in funzione anticomunista), dalla fase terminale del suo mandato presidenziale in poi ha giocato il ruolo di destabilizzatore di equilibri politici e di anticonformista. Ha vissuto gli ultimi decenni della vita politica italiana in simbiosi con un altro leader democristiano di lunga carriera, Giulio Andreotti, rispetto al quale si è spesso trovato su fronti opposti.
Cossiga difese fino all’ultimo i socialisti frutto dell’ancien régime e delle sue sozzure, delle sue tangenti, che delle sue prevaricazioni erano considerati l’emblema. “Perché li difende?”Oh bella” – rispose – “perché i socialisti difendono me”. Del resto nella Prima Repubblica, e proprio nel suo centro, nella Democrazia Cristiana, aveva fatto tutto il suo “cursus honorum”. Lui stesso ammise, in un momento di massima lucidità, di essere “un puro prodotto dell’oligarchia”. Forse un ulteriore elemento di “picconatore” deriva dal fatto che negli ultimi due anni del suo settennato si mise a insultare, nel modo più gratuito e sguaiato, uomini politici e non, con cui aveva vecchie e nuove ruggini personali: “piccolo uomo e traditore” (il dc Onorato), “cappone” (il dc Galloni), “zombie con i baffi” (il pds Occhetto), “poveretto” (il dc Flamigni), “analfabeta di ritorno” (il dc Zolla), “mascalzone, piccolo e scemo” (il dc Cabras), e, infine, un onnicomprensivo “accozzaglia di zombie e di superzombie” appioppato all’intero Parlamento. Da allora si aprirono le cateratte e furono una serie di messaggi trasversali, cifrati,allusivi,intimidatori, secondo il suo miglior stile. Ricattò il governo con una grottesca e inapplicabile “autosospensione”, minacciò undici volte di dimettersi, minacciò una crisi perché due parlamentari si erano permessi di concedere un’intervista a La Repubblica, giornale a lui sgradito. Finito il suo mandato si sperò che di Francesco Cossiga non si sarebbe sentito parlare più. E invece ha continuato a mestare, a mandare messaggi trasversali, a creare partitini (l’Udr,l’Upr, l’Associazione XX settembre,il Trifoglio) che otterranno sempre percentuali modeste, senza però dismettere mai quell’aria di superiorità che non si capisce bene su che si fondasse se non sul suo naturale fare da esploratore curioso della fenomenologia democratica nazionale che tutto riportava a sé, tutto riferiva a sé, come se il mondo intero ruotasse intorno alla sua augusta persona.

Francesco Cossiga e Aldo Moro
Francesco Cossiga e Aldo Moro

Nella seconda parte del suo mandato presidenziale, per identificare i suoi continui attacchi alle istituzioni, ree a suo avviso di aver allontanato il vulgo dalla politica attiva, si attivò mirabilmente per un referendum popolare che decretò di fatto una sconfitta per la politica del momento, che di li a poco sarebbe stata sconvolta dallo scandalo di Tangentopoli.

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