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Mozione conclusiva del XXXII Congresso nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati

 

 

Riportata da MAGDA LACASELLA

I magistrati italiani riaffermano il principio di indipendenza ed autonomia quale cardine degli equilibri costituzionali. Tale principio non può alimentarsi di un ossequio formale, ma deve basarsi su di una cultura fondata sul rispetto, su norme che regolano lo stato giuridico della magistratura e ne disciplinano la responsabilità e l’efficiente sistema di governo autonomo, nonché su norme processuali che definiscano ruolo e doveri dei magistrati nell’esercizio concreto della loro funzione.

Proprio in quanto consapevoli del ruolo e dei propri doveri i magistrati italiani riuniti a Congresso, di fronte alle notizie di gravi comportamenti oggetto di indagini, che vedono coinvolti alcuni colleghi di Palermo e che, ove accertati, costituiscono violazione del codice etico dell’Associazione, anche indipendentemente dalla loro rilevanza penale, richiamano il doveroso rispetto dell’etica della funzione giudiziaria e riaffermano come prioritaria esigenza l’adempimento dei doveri di correttezza, trasparenza e decoro nell’esercizio della giurisdizione e nello stile di vita. Chiedono che i competenti organi statutari e istituzionali esercitino tempestivamente i loro poteri di vigilanza e intervengano per adottare i conseguenti provvedimenti.

I magistrati italiani, preoccupati dal clima di delegittimazione e sfiducia nel sistema giudiziario, respingono il tentativo di scaricare sulla responsabilità del magistrato le carenze dell’organizzazione e l’inadeguatezza delle regole.

La nuova legge sulla responsabilità civile, che appare condizionata da ragioni estranee alle finalità risarcitorie che le sono proprie, e le proposte di nuovi illeciti disciplinari, incoerenti con l’attuale sistema di fattispecie tipiche, costituiscono riforme che hanno sviluppato tensioni nuove,  in quanto discutibili per il metodo ed il merito con il quale sono state realizzate.

I magistrati italiani vivono quotidianamente con i cittadini l’insoddisfazione profonda per lo stato di crisi in cui versa l’amministrazione della giustizia, esperienza comune alle associazioni forensi, alla cultura giuridica, agli altri operatori della giustizia: e tuttavia negli ultimi anni si sono moltiplicati disegni di riforma in ogni ambito che non affrontano dal profondo questa insoddisfazione, imponendo precetti impossibili e obiettivi irrealizzabili, in un procedere di iper-responsabilizzazione riferita più agli aspetti formali del lavoro giudiziario che al fine di rendere giustizia.

La Magistratura italiana respinge il modello di un magistrato burocrate e la pretesa che la qualità e la durata ragionevole del processo siano assicurate imponendo per legge la brevità e non piuttosto adeguando le regole processuali, quando invece è solo sviluppando un’innovazione che sia di effettivo ausilio al magistrato, adeguando le risorse e puntando su una matura cultura dell’organizzazione che si può affrontare in modo costruttivo il problema.

La Magistratura condivide il recente intervento del Consiglio Superiore in tema di rapporto tra funzione giudiziaria e attività politica, con il quale l’organo di autogoverno ha invitato il legislatore a intervenire sulla modalità di rientro in ruolo, al termine del mandato politico amministrativo, così ribadendo la necessità di distinguere le funzioni giudiziarie dall’attività politica e di garantire l’autonomia della Magistratura e del suo autogoverno.

 

I magistrati italiani riuniti a Congresso pertanto chiedono:

1) che venga adeguata l’attuale legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura per renderla coerente con quella vigente per i Consigli giudiziari, che vengano diversamente regolati i rapporti tra questi ultimi e il Consiglio Superiore e che venga fronteggiata l’insufficienza numerica dei Consiglieri del CSM e delle relative strutture amministrative;

2) che siano preservati in materia disciplinare il principio di tassatività delle fattispecie e l’autonomia dell’organo disciplinare, senza alterare la natura e la composizione del collegio giudicante e senza sottrarlo al circuito del governo autonomo, fatta salva la riflessione in corso sulla opportunità di una più netta distinzione tra funzione disciplinare e funzione di amministrazione, sempre all’interno del Consiglio;

3) che non vengano introdotti nuovi illeciti di formulazione incerta e generica, ma vengano previste cause specifiche di giustificazione, affinché il rigore non si traduca in incertezze e rigidità interpretative, che finiscano col turbare la serenità del magistrato e col sanzionare condotte provocate non da negligenza, ma dall’entità dei carichi e dal degrado delle condizioni di lavoro; che venga introdotto l’istituto della riabilitazione affinché l’illecito disciplinare non si trasformi in una condanna con effetti permanenti più gravi della stessa sanzione;

4) che si ponga fine al blocco delle nuove assunzioni del personale amministrativo che sta provocando una situazione non più sostenibile di gravi carenze negli organici del personale di cancelleria, che determina gravi disfunzioni nell’attività di ufficio e di udienza, destinate ad aumentare per effetto dei maggiori adempimenti previsti dalle riforme; che si proceda finalmente al bando di nuovi concorsi, per l’assunzione di giovani, specificamente formati per le funzioni di cancelleria, nella convinzione che l’impegno economico non sarà un costo ma un investimento e, inoltre, che si proceda alla riqualificazione del personale, per soddisfare le legittime attese di chi è chiamato a un impegno crescente, anche in vista del processo di innovazione;

5) preso atto dello sblocco delle risorse finalizzate all’assunzione di magistrati attraverso un nuovo concorso, si proceda ad una tempestiva e razionale programmazione dell’accesso in magistratura, tenendo anche conto dell’aggravarsi della situazione per effetto della riduzione dell’età pensionabile;

6) che si attui una razionale revisione della distribuzione sul territorio della pianta organica dei magistrati e del personale amministrativo, con il completamento del processo di revisione della geografia giudiziaria;

7) che l’ufficio del processo, anche con l’apporto di effettive risorse economiche, diventi a breve una realtà operativa di concreto ausilio all’attività giudiziaria;

8) che si proceda ad una rapida approvazione della riforma organica della magistratura onoraria;

9) che il nuovo regime previsto per la manutenzione degli uffici giudiziari non determini lo scadimento dei luoghi di lavoro e delle condizioni di sicurezza;

10) che il tema dei carichi di lavoro, sproporzionati rispetto alle capacità di assorbimento degli uffici e origine di disfunzione in quanto di entità tra le più alte in Europa, venga affrontato non solo in termini quantitativi, ma al fine di assicurare da un lato la qualità del servizio che si rende ai cittadini, dall’altro un esercizio sereno e dignitoso della giurisdizione;

11) che le riforme sul versante sostanziale e processuale vengano adottate mediante una pluralità di interventi coerenti e coraggiosi, vincendo le resistenze conservatrici;

12) che il processo civile telematico non debba mirare a realizzare soltanto un risparmio di risorse e di costi, ma debba puntare ad un sistema più efficiente e più moderno dovendo produrre non un aggravio bensì un miglioramento del lavoro per magistrati, avvocati e personale di cancelleria, attraverso la risoluzione dei persistenti problemi tecnici, curando la formazione dei magistrati e del personale e rafforzando gli organici di tecnici e cancellieri; soprattutto garantendo un’assistenza tecnica tempestiva, indispensabile per impedire interruzioni del servizio;

13) che sul versante processuale penale la disorganicità e la timidezza dei disegni di riforma lasci lo spazio ad interventi più radicali, volti a recuperare l’efficacia del dibattimento, a restituire alle impugnazioni la loro funzione esclusiva di approfondimento e di verifica e a restituire pienamente alla Cassazione il suo ruolo di giudice della legittimità e la sua preziosa funzione di nomofilachia;

14) che si abbandoni la via dell’imposizione di nuovi termini all’esercizio dell’azione penale, incompatibile con la realtà delle indagini e con l’organizzazione degli uffici;

15) che sul versante penale sostanziale si attui definitivamente una revisione dell’apparato sanzionatorio che limiti il ricorso alla pena detentiva ai casi più gravi, valorizzando le sanzioni non carcerarie e la giustizia riparativa e, con la revisione dell’ordinamento penitenziario, l’effettiva funzione rieducativa della pena;

16) che si affronti il tema della prescrizione mediante la riforma strutturale dell’istituto ponendo definitivamente rimedio ai guasti prodotti dalla riforma del 2005 e accogliendo i richiami che da tempo giungono dall’Europa;

17) che in un disegno consapevole di rafforzamento dell’intervento penale non si ceda a generiche istanze securitarie e a superficiali appetiti giustizialisti dimostrando dall’altro lato incoerente cautela nella materia dei reati di corruzione, la cui riforma è sollecitata da convenzioni alle quali l’Italia ha aderito;

18) che in materia di intercettazioni non si sottragga al legislatore ordinario la riflessione preventiva sugli aspetti più delicati attuando una delega che, per la sua genericità, si presta ad un ampio ventaglio di soluzioni.

 

La Magistratura deve essere tecnicamente preparata e consapevole delle sue responsabilità sociali e professionali, nonché delle ricadute delle sue decisioni sulle persone e sulla realtà economica e sociale. Si deve tuttavia ribadire che il giudice è soggetto soltanto alla legge per principio costituzionale e che le decisioni devono rimanere saldamente ancorate alla scala dei valori scolpita nella Carta Costituzionale, che mette al centro i diritti della persona.

L’Associazione Nazionale Magistrati, fedele alla missione indicata nei principi del suo statuto – tutela dell’indipendenza, dell’autonomia, del prestigio e delle prerogative della magistratura – continuerà a fornire il proprio contributo di pensiero nella fase di elaborazione delle riforme legislative e nei progetti di innovazione, con passione pari al rispetto che i magistrati provano per la loro funzione.

L’Associazione Nazionale Magistrati continuerà a svolgere il suo ruolo di interlocutore essenziale per sostenere una giustizia in grave affanno e si oppone, nell’interesse dei cittadini,  ad ogni tentativo di ridimensionamento del suo ruolo istituzionale e di rappresentanza dell’intera Magistratura.

L’Associazione Nazionale Magistrati, avvertendo il rischio dei ricorrenti tentativi di ridimensionamento del suo ruolo, non rinuncia a difendere con forza le prerogative della giurisdizione e lo status giuridico ed economico dei magistrati, funzionali alla tutela del principio di indipendenza.

I magistrati italiani sono consapevoli dei pericoli che potrebbero venire dall’immagine, facile e falsa, di un’associazione trasformata in soggetto esponenziale di una corporazione rivendicativa, tutta volta alla difesa dei propri privilegi.

 

E’ per questo che i magistrati italiani si attendono dalle istituzioni politiche riforme di sistema che affrontino con coraggio la complessità dei problemi e, consapevoli della dignità del proprio ruolo ed offrendo l’impegno di cui sono capaci, risponderanno alla domanda di giustizia con la professionalità e con l’etica della funzione, restando fedeli ai valori della Costituzione.

 

Bari, 25 ottobre 2015

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