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LIBRO POSSIBILE :PRESENTATO SAGGIO DI CARMINE CASTORO SULLO STRAPOTERE DELLA TELEVISIONE

ROMOLO RICAPITO
Se non ci fosse la televisione avremmo una informazione più giusta?”.

La domanda è stata posta da Carmine Castoro, autore del libro “Clinica della tv. I dieci virus del tele-capitalismo- Filosofia della grande mutazione“, edito da Mimesis, 20 euro.
Secondo l’autore, che ha partecipato al recente Festival del Libro Possibile di Polignano a Mare, la televisione è ricca di bufale, distrofie, icone, gossip, oltre alle comuni news.
Illustrando la copertina, Castoro, che si occupa di critica televisiva per il quotidiano Il Messaggero, ha parlato di una metafora ecologica, che vede un piccolo schermo giacere in un prato inquinato da fusti tossici.
Una missione etica quella di fare capire come si è saturato il nostro immaginario, composto da contenuti apocalittici integrati da più di 50 anni, perché “la tv induce dei bisogni e condiziona, dirigendo la nostra vita“.
Per contrastare questi condizionamenti, occorre dunque “utilizzare filtri culturali ed etici”.
Il tutto al fine di una sana autodifesa.
Carmine Castoro ha citato il filosofo  Marshall McLuhan con la sua metafora della “bomba atomica”, che l’uomo ha avuto il “torto” di costruire.
La tv di adesso si è rinnovata con l’utilizzo di mezzi tecnici come la smart tv ,che l’hanno resa ancora più invasiva.
All’interno dell’ambiente in cui viviamo, l’immagine è “malattia” che non sta fuori di noi, ma ci “attraversa”, fissandosi nel nostro dna.
La forza “venefica” del mezzo  non è colta,   ormai, dal telespettatore. Citando Michel Foucault, “il potere è cambiato: adesso non è più repressivo, ma è diventato seduttivo”.
Finita l’ontologia (la verità assoluta) esiste una sorta di “istologia” che stratifica nei tessuti gli argomenti di vario genere, somministrando comportamenti ai quali noi ci pieghiamo docilmente.
Come difenderci‘?” la domanda -obiezione della giornalista Clelia Conte, che ha condotto l’incontro con l’autore.
Come sviluppare, inoltre, il nostro senso critico?
“Va creata con laboriosità e fatica una sorta di autodifesa”- ha replicato Carmine Castoro .
L’autodifesa si basa sul nostro essere dei “resistenti” e credere in un nuovo laboratorio di idee, scartando logiche inculcate e  rapportandosi a  istituzioni sociali (scuole incluse) perché il sistema, altrimenti, si riproduce.
Gli elementi di manipolazione includono il linguaggio. Anche gli spot pubblicitari vengono assolti nel loro messaggio quando esso è   nocivo. “L’elemento della negatività con la sua distonia viene banalizzato”.
“Banalità del male” dunque.
Carmine Castoro ha criticato l’anchor woman Barbara D’Urso, già finita nel mirino del presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino, definendola mater lacrimarum della televisione  perché si occupa troppo -e impropriamente- di cronaca nera.
Citato come esempio di storture giornalistiche il giallo di Pordenone, (“chi ha ucciso i fidanzatini Trifone Ragone e Teresa Costanza“?) come archetipo  di declassamento d’immagine e linguaggio anche nella deificazione delle vittime da parte dei conoscenti occasionali, che fungono da intervistati.
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